L’articolo è la prima parte di un nuovo regalo del mio amico Paolo.
Altre volte ha arricchito il nostro blog con interessanti contributi. Che mi piace ricordare: Archimede. Opere e invenzioni, Antichi Sistemi di Numerazione_5 (ben 5 articoli), Buon compleanno, Gauss!
[Aggiorno!] E te pareva… Ho scordato altri importanti contributi di Paolo! Pensare che volevo quasi chiedergli se dimenticavo qualcosa… :-(
Zenone di Elea ed i suoi "Paradossi", Elementi di Calcolo delle probabilità_6 (6 articoli! Ah, la mia vecchiaia. Spero di non aver scordato altro!)
Ragazzi (e lettori), non perdetevi dunque questa bella
Storia delle macchine da calcolo_1
Macchine manuali
C'era una volta…… potrebbe iniziare così la storia della macchine da calcolo poiché l'uomo, da quando è comparso sulla terra, ha dovuto porsi il problema di fare calcoli. Certo anche di calcolare se le conchiglie per conquistare l'amata fossero in quantità superiore a quelle del suo rivale in amore. Non è escluso infatti che già da allora l'opulenza avesse un ruolo di non secondaria importanza nella scelta del partner!
Il nostro amico quindi, per evidenti ragioni, dovette imparare presto a "far di conto".
Sicuramente per prima cosa usò le dita, prima delle mani, quindi dei piedi, poi semplici legnetti e ossa su cui intagliava delle tacche, questi ultimi rudimentali antesignani delle moderne macchine da calcolo (rif. Antichi sistemi di misurazione).
Via via che le compagne diventavano più esigenti l'uomo dovette industriarsi per costruire nuovi e più complessi strumenti di calcolo; i legnetti e le ossa non erano più in grado di calcolare le sempre più crescenti pretese delle signore.
Gli antichi Fenici, gli Ebrei e poi i Greci, gli Etruschi e i Romani, pressati dalle sempre più urgenti richieste delle loro consorti, costruirono tavolette rettangolari di legno o in lamina di bronzo ricoperte da uno strato di sabbia o di polvere, chiamata abak (polvere) dai Fenici, su cui tracciavano segni computazionali. Cicerone (106-43 a.C.), in una sua opera, cita Archimede (287-212 a.C) che le usava per disegnarvi sopra figure geometriche.
Anche gli uomini però avevano le loro pretese.
I Romani per esempio, non contenti delle scarse prestazioni della vecchia biga trainata da un cavallo vollero aumentarne la potenza a due o addirittura quattro cavalli, il che costava molto di più. Per calcolare le aumentate spese adottarono un tipo di abaco più adeguato alle nuove necessità. Era costituito da una tavoletta rettangolare sulla quale erano praticate alcune scanalature verticali al di sotto o al di sopra delle quali erano
impresse le lettere del sistema di numerazione romano. Esse indicavano, da sinistra a destra, l'ordine delle unità al quale la scanalatura si riferiva. All'interno di ciascuna scanalatura erano disposti tanti sassolini (calculi da cui il termine calcolare) o dischetti (abaculi) o monetine (denarii supputatorii) quanti erano le unità di quell'ordine da rappresentare. Il numero, quindi, era pensato come somma delle unità dei vari ordini.
L'abaco, quale strumento di calcolo posizionale in quanto il risultato assumeva un valore in relazione alla posizione delle cifre, ebbe una grandissima diffusione fra le genti di quel tempo, tanto che ne furono prodotte differenti versioni.
Gli antichi Cinesi (secolo XIII) lo perfezionarono nel cosiddetto Abaco ad anelli, in
cinese swan-pan. Come mostra la figura era costituito da palline che scorrevano su aste verticali. Inoltre era diviso verticalmente in due parti da un'asticciola orizzontale. Ogni asta, come nell'abaco romano, corrispondeva ad un ordine decimale; partendo da destra le prime due rappresentavano rispettivamente i centesimi e i decimi. L'ordine delle unità corrispondeva alla terza asta, quello delle decine alla quarta, e così via. Il numero di unità di ogni ordine era ottenuto spostando verso la traversa orizzontale il numero di palline necessarie,
tenendo presente che ogni pallina della parte superiore valeva cinque unità dell'ordine dell'asta corrispondente. Per rappresentare il numero massimo di unità di ciascun ordine, cioè nove, era sufficiente spostare verso la traversa di separazione una pallina superiore, che vale 5, e quattro inferiori, che valgono 4.
Mediante tale sistema i cinesi riuscivano ad eseguire velocemente ogni genere di operazioni comprese le moltiplicazioni, le divisioni, le potenze e le radici quadrate. Lo strumento era ed è talmente versatile che viene utilizzato ancora oggi. Il soroban, versione giapponese dell'abaco, viene ancora insegnato nelle scuole.
Nel 1946, cioè agli albori dei calcolatori elettronici, a Tokyo si tenne una curiosa competizione sportiva di velocità fra un operatore di calcolatrice elettrica e un abachista e, indovinate chi vinse? Ovviamente l'abachista! Ma forse l'altro aveva bevuto qualche saké di troppo!
Presso altri popoli l'abaco assunse forme diverse anche se il metodo di calcolo era fondamentalmente basato sulla posizione degli elementi.
Gli Incas precolombiani (XII secolo), la cui civiltà fiorì nel Centro/Sud America nella vasta area geografica che oggi corrisponde al Perù, alla Bolivia e all'Ecuador, usavano il quipu. Era costituito da un sofisticato sistema di cordicelle a nodi, quipu
significa nodo, che assolveva anche altre molteplici funzioni fra le quali il calendario. Il quipu era formato da una cordicella principale, lunga circa 60 cm, alla quale erano legate numerose altre cordicelle. Il sistema utilizzato era il decimale. Le unità semplici erano rappresentate con altrettanti nodi raggruppati in gruppi corrispondenti ai diversi ordini, unità semplici, decine, centinaia ecc.
Anche gli indios del Perù e della Bolivia usavano e usano tuttora uno strumento a
cordicelle e nodi, il chimpu. I vari ordini erano rappresentati da successive cordicelle: una singola cordicella corrispondeva alle unità semplici, due cordicelle legate assieme alle decine, tre cordicelle legate assieme alle centinaia ecc. Le unità semplici erano rappresentate da altrettanti nodi. Pertanto 5 nodi su una singola cordicella rappresentavano il numero cinque, 5 nodi su due cordicelle legate assieme rappresentano il numero cinquanta, 5 nodi su tre cordicelle legate assieme rappresentano il numero cinquecento e così via.
Gli Aztechi, dell'area Messico e Guatemala (secoli X-XI), usavano un abaco molto simile a quello dei cinesi e giapponesi, il nepohualtzitzin, ma differente nel numero di palline situate nelle parti inferiore e superiore, che erano in numero di 3 e 4 rispettivamente.
In Russia veniva usato un abaco, detto schoty o scet, che aveva la medesima struttura, ad aste o fili verticali e palline, degli abachi cinese e giapponese, con la differenza che su ogni filo c'erano dieci palline e non era diviso in due parti. Il sistema di numerazione rappresentato era il decimale e ogni filo era dedicato a un ordine di unità. Il numero di unità di ciascun ordine era ottenuto spostando verso il bordo superiore dell'abaco il corrispondente numero di palline. Per facilitare con un solo colpo d'occhio la lettura del numero di unità di ciascun ordine, le palline quinta e sesta erano di colore differente dalle altre.
Riferimenti web:
http://snurl.com/utp87 di Luca Nicotra
http://snurl.com/utpb1 Fondazione Galileo Galilei
http://it.wikipedia.org/wiki/Pagina_principale Wikipedia
Grazie, Pa’, per questa prima puntata!:-)