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lunedì 20 settembre 2010

Detto in “matematico”

Ragazzi,

la matematica è ...

Voi che idea avete? Cos’è per voi la mate?

Beh, intanto con la matematica si può dire ...quasi tutto! E se non proprio tutto, si possono esprimere molte idee: essere tra, essere parte e altro, essere il più grande, il più piccolo, appartenere, generare, sovrapporre, convergere, ecc.

La matematica è un linguaggio!image

Se si dice espressioni matematiche è perché la scrittura esprime qualcosa, un’idea, un fatto.

E non è un linguaggio segreto perché le sue regole di scrittura sono pubbliche, chiunque le può conoscere. Anzi, tutti i ragazzi come voi non solo possono, ma DEVONO conoscerle o arrivare a conoscerle!

Tante parole della matematica provengono dalla lingua corrente: articoli, avverbi: dentro; congiunzioni, verbi: costruite, trovate, determinate, tracciate, ecc.

Poi ci sono parole specifiche della matematica, spesso nomi di oggetti, mediana, asse, diagonale, cilindro, ... ma anche aggettivi: isoscele, parallelo, pari, ...

Per finire troviamo i simboli specifici del linguaggio matematico che permettono di scrivere in modo semplificato operazioni: +, x, ... , relazioni: =, //, ...

Denis Guedj, un matematico, scrittore di bei romanzi matematici, recentemente scomparso, in un suo libro La matematica spiegata alle mie figlie, chiacchiera così con la figlia (che domanda, domanda...):

Perché si passa il tempo a scrivere uguale, =?

Riesci a immaginare una matematica senza il segno di uguaglianza? E’ il segno più importante della matematica. Quando scrivo: 2 = 1 + 1 cosa sto dicendo?

Che il numero 2 e il numero (1 + 1) sono LO STESSO NUMERO, che sono due modi diversi di vedere lo stesso numero, ecco perché li uguaglio. Ancora di più: posso uguagliare tutte le espressioni possibili di 2:

(1 + 1) = (5 – 3) = (10/5) = (2 x 1) = ...

E cosa ti importa?

A seconda di cosa mi serve posso usare una delle sue innumerevoli espressioni. Posso avere dei motivi per rappresentare 2 come somma o come differenza e così via.

Il contrario di uguale è differente, diverso, non lo stesso, che si scrive come un uguale barrato " "

Soprattutto non bisogna confondere differente con maggiore o minore, " ", " "

L’uguale è sempre esistito?

Il concetto di uguaglianza sì, il segno no. Nel 1557 un medico inglese, Robert Recorde, ha avuto l’idea di tracciare il segno =. Quando gli hanno chiesto la ragione di questa scelta ha risposto: “Ho scelto una coppia di parallele o di linee gemelle, perché nulla si assomiglia di più di due gemelli”

E i simboli + e ?

E’ una storia di casse

Di casse?

Intorno al 1500, in Germania, alcune merci venivano vendute dentro casse di legno. Quando erano piene dovevano pesare 4 centner (più o meno 50 chili). Se una pesava un po’ meno, per es. 5 libbre (1 libbra=453,6 grammi) meno di 4 centner, si scriveva sulla cassa: "4c – 5l".

Se pesava di più, per esempio 5 libbre in più di 4 centner, si barrava il tratto orizzontale per negare quanto scritto nel caso precedente, e si scriveva sulla cassa: "4c + 5l".

Gli egiziani invece usavano i geroglifici:

image    addizione                 image sottrazione

Su questi disegni si può vedere:

addizionare: le due gambe marciano nel senso della scrittura

sottrarre: marciano in senso inverso

Quindi il più è un meno barrato e differente è un uguale barrato.

Giusto!

E voi, ragazzi: altre domande?

...........................

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lunedì 12 aprile 2010

Del sommare più, e meno ...

III,

Provate a leggere la pagina dell’illustrazione

Algebra_Bombelli

Direi anzi che dovreste trascriverne sul quaderno il testo, e soprattutto “tradurlo” con i simboli e le parole che utilizzeremmo oggi.

Si tratta di una pagina di un antico documento, edizione 1572!

L’opera: L’algebra di Rafael Bombelli.image

R. Bombelli: un matematico italiano (Bologna, 1526 – Roma, 1572), tra i primissimi a dare delle definizioni chiare dei numeri negativi e delle loro regole di calcolo.
Proprio nel suo capolavoro, l’Algebra.

 I numeri relativi sono ormai diventati parte integrante della matematica, al punto che, come hai potuto constatare, le loro proprietà vengono oggi insegnate già nella scuola media.

Per lungo tempo, però, come accennato ne I numeri e l’essenza della matematica, essi rimasero in una sorta di “atrio" della matematica, come se i matematici non riuscissero in alcun modo a farli stare fuori dalla porta di casa, ma non volessero nemmeno accoglierli a pieno titolo insieme ai numeri "assoluti". Chi in qualche modo incominciava a farne uso, continuava a chiamarli numeri surdi (cioè assurdi), o fittizi, o falsi, come se fossero degli enti comodi da usare in certe situazioni per svolgere alcuni calcoli, ma fossero privi di un valore reale.

L’illustrazione di apertura riporta due tra i primi paragrafi de L’algebra ; in essi Bombelli spiega come si possono moltiplicare tra loro i numeri relativi e come li si possa sommare. Come detto, sono tratti dall’edizione del 1572: può essere molto divertente (anche se richiede una buona dose di pazienza) provare a leggerli, per capire le caratteristiche tipografiche di queste opere a stampa e le particolarità della lingua del Bombelli, un volgare molto corretto e raffinato.

Rafael Bombelli nacque a Bologna, attorno al 1526, in una famiglia da decenni impegnata in opere idrauliche per la città. Rafael fu il primo di sei figli; egli venne istruito dall’ingegnere-architetto Pier Francesco Clementi e ne imparò il mestiere. Molti dei suoi progetti riguardavano la bonifica di terreni, tra cui quello delle marcite della val di Chiana.

Rafael non ricevette un’educazione universitaria ma, nonostante questo, non solo si avvicinò ai più recenti studi di algebra, ma addirittura vi contribuì ampiamente con la propria opera.

Le notizie sulla vita di Rafael Bombelli sono tuttavia talmente scarse che nemmeno la data della sua morte è certa, anche se pare sia avvenuta poco dopo il 1572.

Il mondo di Rafael. Durante il XIV e il XV secolo Bologna fu, volta per volta, sotto il dominio dei Visconti, signori di Milano, o sotto l’influenza del governo della Chiesa Romana, o ancora fu governata dalle più importanti famiglie cittadine in lotta tra loro per ottenere la supremazia.

Queste lotte, che vedevano spesso contrapporsi ghibellini e guelfi, coinvolsero talora tragicamente la famiglia di Rafael che, per decenni, era stata stimata e protetta dai signori della città, Sante e Giovanni II Bentivoglio; proprio grazie all’aiuto di questa famiglia di "idraulici", i Bentivoglio si erano infatti preoccupati di migliorare le condizioni di Bologna, in particolar modo del suo acquedotto.

Quando Papa Giulio II prese il potere sulla città, costrinse gli amici dei Bentivoglio all’esilio e, nel 1508, il nonno di Rafael venne ucciso per aver tentato di opporsi al dominio dello Stato della Chiesa e i beni della famiglia furono confiscati per alcuni anni. 

Dal testo AlgebraB. Rosaia

Ps: i più volenterosi di voi (ma ce n’è? :-)) potranno leggere i post con questa etichetta:

La notazione matematica

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lunedì 13 ottobre 2008

Viète, il padre dell'algebra simbolica

François Viète, o Vieta nella forma latinizzata, è una figura di primo piano nel passaggio dal Rinascimento all'età moderna. Con lui, l'algebra conquistò lo stesso rango della geometria, che fino ad allora era sinonimo di matematica.

La storia dell’Algebra si può dividere in tre periodi:
1) algebra retorica, anteriore a Diofanto di Alessandria (250 d.C.) nella quale si usa esclusivamente il linguaggio naturale, senza ricorrere ad alcun segno;
2) algebra sincopata, da Diofanto fino alla fine del XVI secolo, in cui si introducono alcune abbreviazioni per le incognite e le relazioni di uso più frequente, ma i calcoli sono eseguiti in linguaggio naturale;
3) algebra simbolica, introdotta da Viète (1540-1603), nella quale si usano le lettere per tutte le quantità e i segni per rappresentare le operazioni, si utilizza il linguaggio simbolico non solo per risolvere equazioni ma anche per provare regole generali.

François Viète nacque a Fontenay-le-Comte nel 1540 (non si conosce la data esatta) da una famiglia agiata. A 15 anni intraprese gli studi di diritto presso la celebre Università di Poitiers, dove si laureò cinque anni dopo. Cominciò a lavorare come avvocato nella stessa Fontenay-le-Comte e non tardò a dimostrare una grande abilità nell'esercizio della sua professione. Nel 1564 accettò la carica di segretario e assessore giuridico del conte Jean de Parthenay, un ricco latifondista appartenente ad una influente famiglia calvinista, e decise anche di occuparsi dell'educazione della figlia di questi, Catherine.
A questo periodo risale una delle sue opere inedite, Ad harmonicon coeleste, di cui sono giunti fino a noi soltanto quattro manoscritti. In essa viene esposta una teoria del sistema planetario basata sulle teorie di Tolomeo.
Nel 1571 fu nominato Avvocato del Parlamento di Parigi. Fu allora che entrò in contatto con importanti matematici dell'epoca, specialmente con Adriaan Van Roomen (1561-1615).
Viète lavorò come consigliere di Enrico III fino a che questi, sotto la pressione delle forze cattoliche, dovette abbandonare Parigi e stabilirsi a Tours, per cui Viète fu costretto a rifugiarsi in campagna, accolto dai suoi amici.
Quando Enrico IV salì al trono prese al suo servizio come consigliere e crittoanalista del regno.
Viète continuò a lavorare allo sviluppo dell'algebra e nel 1591 dette alle stampe la sua opera più importante: In artem analyticam isagoge (Introduzione al metodo analitico).
Nel 1602 andò in pensione raccogliendo il riconoscimento del re per il lavoro svolto al servizio della corona e morì l'anno seguente, il 23 febbraio, a Parigi.
Viète pubblicava i suoi libri, ma solo una parte dei suoi 20 scritti furono dati alle stampe. Altri videro la luce solo dopo la lettura del testamento, mentre molti di essi sono rimasti ancora oggi inediti.

Una formula che ha fatto storia
Tra i contributi più significativi di Viète c'è quello chiamato, in trigonometria, teorema del coseno.
Utilizzando il teorema di Pitagora, giunse alla formula:

$a^2= b^2+c^2-2bc \, cosA$
e alle sue formula simmetriche (permutando a, b e c) che consentono di calcolare il lato di qualsiasi triangolo conoscendo gli altri due e l'angolo tra essi compreso.

Algebra e notazione matematica
Viète dette vari contributi alla trigonometria e alla geometria, ma i suoi lavori più importanti sono quelli dedicati all'algebra, specialmente nel momento in cui passò dal calcolo con i numeri (logistica numerosa) al calcolo con i simboli (logistica speciosa).
Fino ad allora l'algebra consisteva in una serie di trucchi per risolvere casi particolari, non era un autentico metodo di ragionamento matematico. Il lavoro degli algebristi era concentrato sull'individuazione di un valore sconosciuto relativo a un problema infarcito di numeri.
Per comprendere meglio in che cosa consistette questo cambiamento, esaminiamo il seguente problema:
consideriamo un cesto in cui si trova un certo numero di mele. Aggiungiamo mele fino a triplicarne il contenuto originale. Poi diamo una mela a un amico. Andiamo ora a contare le mele che sono rimaste nel cesto e risulterà che ce ne sono 20.
Quante mele avevamo all'inizio?

Potremmo cominciare a fare dei tentativi per individuare l'incognita, oppure possiamo partire dalla risoluzione del problema e chiamare x il risultato.
Se traduciamo in un'equazione l'enunciato del problema, avremo 3x-1=20 (il numero di mele triplicato meno uno dà 20),
per cui si ha 3x = 20 + 1 = 21 e, pertanto,
x = 7.
Inoltre, ponendo che Ax - B = C, avremo individuato l'equazione generale che risolve tutti i problemi di questo tipo la cui soluzione è:
$x= \frac{ C+B }{ A}$
per cui se ci viene detto che il numero di mele nel cesto è raddoppiato, che ci hanno tolto 5 mele e che alla fine ne sono rimaste 15, potremo immediatamente affermare che nel cesto c'erano
x= 10 mele.
Anche se Viète non aveva a che fare con equazioni così semplici, lo schema mentale è molto simile a questo.
Egli cominciò con l'utilizzare una lettera per le quantità sconosciute (una vocale) e un'altra per quelle conosciute (una consonante) e portò a termine un'impostazione generale per le equazioni, dando origine così all'algebra moderna attraverso un significativo miglioramento nella notazione matematica.
Viète non scriveva in una notazione moderna come quella che abbiamo utilizzato per il problema.
Impiegava il termine in per il prodotto, racchiudeva tra parentesi graffe le espressioni che considerava dello stesso tipo e usava la parola aequale per il segno "=".
Un'espressione come:
$\frac{ ab }{c } + \frac{ cd-ax }{ f} =h$
l'avrebbe scritta nella forma:
$\frac{ a\, in \, b }{c } +{ \frac{ c \, in \, d \, - \, a \, in \, x }{ f} }\, aequale \, h$

Qui sopra due pagine esemplificative dello straordinario talento di Viète: si tratta di una sua risposta ad un celebre problema di Van Roomen che implicava la risoluzione di un'equazione di 45° grado, un'enormità per quei tempi.

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venerdì 18 luglio 2008

I simboli della tastiera_3

I segni : e /
Sulla divisione si riscontra un maggiore accordo, anche se nemmeno in questo caso si ha un unico segno universale. II simbolo "÷" utilizzato nel 1659 da Johann Rahn (o Rhonius) è caduto in disuso.
Per indicare, ad esempio, la divisione del 9 per il 3 il computer non lascia altra alternativa che l'impiego dello slash (9/3 = 3) o del segno dei due punti (9:3 = 3), entrambi ampiamente accettati, anche se di solito in matematica per rappresentare il quoziente tra due quantità si usa la barra orizzontale:

$\frac{8}{4}$
la ragione è molto semplice: scrivere un'espressione aritmetica come quella qui sotto utilizzando lo slash o i due punti diventa complicatissimo e il risultato è incomprensibile:
$\frac{ \frac{ (4+5)-7*8 }{ 6-8} }{ 2+(1- \frac{ 5 }{(3-4 } )}$
Si sa con certezza che la barra orizzontale di frazione fu introdotta dagli arabi, ma non si sa precisamente da quale matematico. Spesso viene fatto il nome di Al Hassar, vissuto alla fine del XII secolo.
Stevin, nell'opera dal titolo La disme (1585) fece uso di una specifica notazione per le frazioni decimali molto vicina a quella della virgola o del punto decimale impiegati oggi. La posizione delle cifre decimali era indicata da un numero ausiliare collocato all'interno di un circoletto.


In Europa fu il celebre Leonardo da Pisa, meglio conosciuto come Fibonacci (1170-1250), a utilizzare per primo la barra orizzontale; essendo di difficile composizione tipografica, nelle opere di aritmetica a stampa veniva molto spesso omessa, anche se all'inizio del testo ne veniva sempre data la definizione.
Lo slash venne impiegato in seguito come risorsa tipografica alternativa nei libri a stampa, soprattutto a partire dal XVIII secolo.


Da Giochi d'ingegno - Fabbri Editore

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giovedì 17 luglio 2008

I simboli della tastiera_2

I segni + e -
Il segno del "più", simbolo dell'addizione "+", condivide, nella tastiera del computer, il tasto con altri due segni, l'asterisco e la parentesi quadra, e ha un'unica funzione come simbolo aritmetico, cosa che non accade con il segno della sottrazione, per il quale si impiega il tasto del trattino "- ". Molte volte la stampa ha svolto un ruolo importante (lo stesso che potrebbe svolgere il tasto del computer) nel non avere disponibilità di altri segni, come probabilmente accadde con il "+", di cui vi sono molte varianti stampate, e che in fondo non è che una croce, simbolo di cui erano ben fornite le stamperie europee.


(l'immagine è un collage da Giochi d'Ingegno e immagine-scriba egizio dalla rete)
La prima notizia che abbiamo dell'utilizzo dei segni "+" e "-" risale al 1481 [trovati in manoscritti tedeschi].
Essi si trovano per la prima volta in stampa in un libro di algebra in lingua tedesca, Behede und hubsche Rechnung auf allen Kaufnmanschafft di J. Widman, edito per la prima volta nel 1489.
Originariamente il segno "più" veniva rappresentato mediante la congiunzione latina "et", equivalente alla nostra congiunzione copulativa "e": il fatto non deve sorprenderci, poiché ancora oggi la utilizziamo per esprimere la somma di due numeri; è più frequente dire "due e tre fa cinque" che "due più tre è uguale cinque".
Nei testi di matematica in latino si possono trovare più di cento diverse abbreviazioni di " et", tra le quali anche il segno "+".
Il segno utilizzato per la sottrazione "-" è considerato una vera curiosità nella storia della notazione matematica.
Come segnala Florian Cajori nel suo fondamentale libro A History of mathematical notations, è sorprendente che il segno più semplice e pratico di tutti, il segno "-", sia stato sostituito dal più complesso "÷ ", che fu impiegato da un consistente gruppo di matematici per più di quattrocento anni. In alcuni casi lo si scriveva con solo un punto in cima al trattino, in altri lo si complicava ancor di più mettendo due punti sopra e due sotto.
Ci fu anche chi utilizzò come simbolo della sottrazione un trattino orizzontale diviso in due "--" o persino in tre frammenti "---" .

Il segno x
Per indicare la moltiplicazione si usa una "x", che sulla tastiera è rappresentata proprio dalla lettera "x".
Leibniz era molto restio a utilizzare questo simbolo per indicare il prodotto, in quanto diceva che si poteva facilmente confondere, come in effetti accade, con la lettera "x". E non aveva torto. Questo simbolo fu introdotto da William Oughtred nel 1631 ed è uno di quelli, che non hanno mai smesso di evolversi.
Nessun matematico lo impiega, dato che per esprimere il prodotto di a per b si scrive "a•b", con un punto.
Oppure, se la cosa non crea confusione, non si scrive nulla: nell'espressione 2x + 6 = 3 il termine 2x significa "2 moltiplicato per x". Ovviamente, tale sistema non può essere adottato nel prodotto tra due numeri reali, in quanto non si può scrivere 34 invece di 34 perché si verrebbe a creare confusione: certamente, infatti, 34+1=13, ma 34 + 1 non fa 13.

Due pagine della Arithmetica integra di Michael Stifel (1487-1567) che, tra le altre innovazioni, introdusse l'uso delle parentesi nelle espressioni aritmetiche.

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I simboli della tastiera

Continuiamo il nostro excursus storico sulla notazione matematica, occupandoci dei simboli matematici di uso quotidiano.
La pubblicazione di libri a stampa ha svolto un ruolo importante nell'introduzione dei simboli matematici, nonostante non sempre abbia giocato a favore dell'adozione di un unico simbolo per rappresentare un'idea. A volte, qualcosa di apparentemente futile come la mancanza di un carattere nelle matrici di stampa ha eliminato un buon candidato.


Copertina di The Castle of Knowledge dell'algebrista inglese Robert Recorde pubblicato nel 1556
Tuttavia, al di fuori dell'ambito matematico professionistico, l'introduzione di determinati simboli matematici di uso quotidiano ha la solidità di una roccia. Sono i primi che si imparano a scuola e il miglior luogo in cui trovarli è la tastiera di un computer o di una macchina da scrivere.
Vediamoli uno per uno.
Il segno =
Il primo che incontriamo è il segno "=", situato sulla tastiera su un tasto che condivide con lo zero, in una posizione certamente privilegiata.
Probabilmente nessun altro segno matematico ha avuto, nel corso della storia, tanti "rivali" come questo. Prima dell'introduzione del segno dell' "uguale" come oggi lo conosciamo, per indicare l'uguaglianza tra due cose vennero utilizzate parole come aequale, esgale o faciunt. Per indicare che "A=B", Viète scriveva A aequale B, mentre altri, in forma abbreviata, scrivevano Aaeq.B.
Robert Recorde
, autore di uno dei primi trattati di algebra conosciuti, The Whetstone of Witte,

In questa pagina di The Whetstone of Witte, pubblicato nel 1557, fa la sua comparsa nella storia il segno "=", molto più largo di quello attuale
diceva che non si potevano concepire due cose più uguali di due rette parallele, per cui introdusse, nel 1557, il segno "=" proprio per denotare l'uguaglianza tra due entità.
Nonostante le buone intenzioni di Recorde, però, per molto tempo il segno "=" si prestò a numerosi fraintendimenti:
Viète lo impiegava per la sottrazione, scrivendo: 8 = 5 aequale 3
Cartesio nel 1638 lo utilizzò per indicare "±" (quando si scrive che x = ± 1 si intende che può assumere uno qualunque dei due valori).
Si giunse addirittura ad usare il segno "=" per indicare che due rette erano parallele.
Fu solo agli inizi del XVIII secolo che riuscì a guadagnare terreno in importanti pubblicazioni matematiche, per poi affermarsi completamente.
Da Giochi d'ingegno - Fabbri Editore

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giovedì 3 luglio 2008

La notazione matematica: lettere, simboli...

La matematica è stata talvolta definita come la scienza che fornisce i simboli, li interpreta e ne stabilisce i reciproci rapporti.
L'evoluzione della matematica ha attraversato una fase in cui i concetti, gli oggetti e le operazioni tra di essi venivano esposti secondo le regole della lingua parlata o scritta.
Si diceva quindi: "due cose e due cose, quando si uniscono, fanno quattro cose".
In una seconda fase si passò ad abbreviare le parole sottolineando l'importanza dei concetti; si diceva, ad esempio: "Due c. più due c. uguale quattro c.".
In una terza fase, poi, si cominciarono ad usare i simboli: " 2 + 2 = 4".
L'avvento dei simboli segna l'inizio dell'autentico progresso scientifico. Un simbolo è l'astrazione di un concetto.
In una sola formula come:


viene sintetizzato un intero universo di conoscenze. Tutti i matematici del mondo, di qualsiasi nazione e lingua, sono in grado di capirla.
Documento autografo di Einstein dove fu espressa per la prima volta la sua celebre uguaglianza.
Il regno delle lettere
C'è chi ritiene che gli studi matematici debbano essere annoverati tra le discipline umanistiche. Per sostenere questa tesi ci si avvale di ragionamenti di natura filosofica, etica ed estetica.
Ciò che si può osservare, semplificando la questione, è che in un testo di matematica pura, la proporzione esistente tra lettere (o più precisamente tra simboli) e numeri è nettamente a favore delle prime.
Il linguaggio della matematica, come quello della logica, a cui è strettamente connesso, è un linguaggio simbolico, il cui alfabeto può sembrare, e di fatto lo è, terribilmente criptico, poiché utilizza simboli come:

oltre ad avere una speciale predilezione per l'alfabeto greco.
Tuttavia, contrariamente ad un'opinione abbastanza diffusa, il linguaggio matematico non è un insieme di simboli scrupolosamente tutelati da un gruppo di appassionati matematici.
Certamente un matematico trasecolerà se vedrà scritto:
$\sqrt{cos(x^2)+1}$
quando ciò che si voleva intendere era:
$\sqrt{cos^2 x + 1}$
Il punto è che, pur essendo molto somiglianti, le due espressioni non hanno niente a che vedere l'una con l'altra. Non è una questione di forma, ma di contenuti perfettamente rappresentati dalla forma.
La necessità di concordare un insieme di simboli per poter comunicare determinate idee è innegabile.
Molte volte si sente dire che il linguaggio matematico "sembra arabo", cioè è incomprensibile. D'altra parte, non è necessariamente vero che un insieme di segni come:
$Var (x)= \int_{-\infty}^{+\infty} (x- \frac{ a+b }{ 2} )^2 f(x)xdx$
sia molto più criptico di una partitura musicale.
È tutta questione di regole e di un apprendimento che, in misura maggiore o minore, richiede comunque sempre un certo sforzo.
Non si dimentichi quanto costi a ogni bambino imparare a leggere e a scrivere: è un processo che, insieme con l'apprendimento dei numeri, viene considerato come uno dei più grandi sforzi che l'essere umano compie nel corso di tutta la sua vita.
La cultura ci fornisce, fin dalla nostra nascita, tutte le informazioni e i concetti elaborati nel corso di secoli di evoluzione nei vari campi dello scibile così che noi possiamo utilizzarli prontamente.
Un simbolo matematico risulta valido nella misura in cui è "pratico".
Bertrand Russel con la sua tipica ironia demistificatrice, diceva: "La matematica può essere definita come la materia nella quale non sappiamo di che cosa stiamo parlando, né se ciò che stiamo dicendo è vero".
I matematici non sanno forse se quello che dicono è vero, ma di certo sanno molto bene come lo dicono. Ciò si riflette molto spesso nell'adozione del simbolo adeguato che è anche un autentico strumento del pensiero.
Un linguaggio universale di lungo corso.
La notazione matematica è arrivata ad imporsi come linguaggio universale e grazie alla sua universalità, acquisita nel corso dei secoli, diffonde le idee attraverso culture molto diverse e oltrepassando qualsiasi frontiera etnica, politica e culturale, fino a divenire uno dei più genuini marchi di identità che caratterizzano la specie umana.
Nella storia della notazione matematica ci sono delle figure che svettano su tutte le altre: la famiglia Bernoulli, Descartes, Leibniz, Newton, Tartaglia, Viète, Wallis, per citarne alcuni. Tutti illustri matematici, che oltre ad aver creato un simbolo, occupano un posto d'onore nella storia coem grandi matematici.
Ciò induce a pensare che l'adozione di un determinato simbolo non è una questione puramente formale, ma racchiude profonde conoscenze e, soprattutto, un enorme potenziale creativo.
Il grande matematico Giuseppe Peano (1858-1932) fu uno dei più prolifici ideatori di simboli della matematica moderna.

Fonte articolo: Giochi d'ingegno - Fabbri Editore
Sezione: Il mondo della matematica

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