martedì 30 ottobre 2007

Problemi con le frazioni

Nella risoluzione dei problemi con frazioni
possiamo riconoscere:

  • l'operatore diretto.
Es.: devo calcolare i 2/3 di 18 unità. L'intero è conosciuto (18u), si chiede una sua frazione:
18 : 3 = 6u che rappresentano il valore di 1/3,
6u * 2 = 12u, che rappresentano i 2/3 cercati
  • l'operatore inverso
Es.: i 3/4 di un percorso equivalgono a 27 km, Quanto è lungo il percorso?
L'intero è sconosciuto, ma so che sotto forma di frazione è 4/4. Ne conosco una sua frazione (i 3/4):
27 : 3 = 9 km che rappresentano il valore di 1/4
9 km *4 = 36 km, che rappresentano 4/4, cioè l'intero sconosciuto (intero percorso).
  • posso utilizzare il concetto di rapporto
Es. Di un rettangolo so che la somma della base e dell’altezza è di 25 cm. La base è 2/3 dell’altezza. Quanto misura la base? Quanto l’altezza?

DATI
b + h = 25cm
b = 2/3 di h
RICHIESTE
? b = 10 cm
? h = 15 cm

Innanzi tutto noto che il rapporto che c’è tra la base e l’altezza è di 2:3.
quindi ho:
3 + 2 = 5 parti uguali

So che le 5 parti misurano 25 cm (somma base + altezza)
Così i 25 cm li divido per 5 parti
25 : 5 = 5 cm è la misura di ciascuna parte

5 * 3 = 15 cm = h perché l'h è costituita da 3 parti
5 * 2 = 10 cm = b perché la base è costituita da 2 parti
Alessandra II A
Risolvo in un altro modo il problema sul rettangolo:

Se la base è 2/3 dell’altezza, l’altezza sarà 3/3,
quindi sommandoli
2/3 + 3/3= 5/3 che rappresenta sotto forma di frazione la somma di 25 cm.

Qui lavoro con l'operatore inverso, eseguo:
25:5 = 5 cm =1/3 trovo la misura di ciascun terzo.

Ora:
5 cm×2 = 10 cm = 2/3 = b
ho moltiplicato il valore di 1/3 che è 5, per i "terzi" della base che sono 2.

5 cm×3 = 15 cm = 3/3 = h
ho moltiplicato il valore di di 1/3 per il numero dei "terzi" dell’altezza, che sono 3.
Laura II A

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giovedì 25 ottobre 2007

Conversione di numeri da base 10 a base diversa e viceversa

Immaginiamo di dover convertire un numero

da base 10 a base 2
Faremo raggruppamenti da 2 visto che stiamo lavorando con la base 2.
L'operazione che ci permette di fare i raggruppamenti è la divisione. Quindi eseguiremo divisioni per 2.
Es: trasformo il numero 14 a base 10 nel numero scritto a base 2 (sistema binario)

14 : 2 = 7 Resto 0 (zero)
ottengo 7 raggruppamenti da 2 unità (che chiamo "duine", come le decine del sistema decimale) e ho zero unità di resto.

Con 7 duine posso ancora fare raggruppamenti da due.
7 : 2 = 3 Resto 1
ottengo 3 "quartine" (formate da 4 unità) perché ho raggruppato a due a due le "duine" e ho il resto di 1 (duina)

3 : 2 = 1 Resto 1
Ho 1 solo raggruppamento da 8 unità, perché sono 2 "quartine" e il resto di 1 ("quartina")
Con 1 gruppo da 8 unità non posso più fare raggruppamenti da 2, quindi mi fermo.

Riepilogo le divisioni per 2:


Per scrivere il numero a base 2 ora scrivo l'ultimo quoziente e via via seguendo la freccia, tutti i resti:


Quindi il nostro 14 a base 10 è il 1110 (si pronuncia uno, uno, uno, zero a base 2).

Per fare una verifica posso scrivere:

0x1+1x2+1x4+1x8

questa è la scrittura del numero 1110 a base 2, in forma polinomiale. La forma polinomiale fa vedere chiaramente il valore delle singole posizioni: la prima, nel sistema binario vale 1, la seconda vale 2, la terza 4, la quarta posizione vale 8 eccc...
Risolvendo l' espressione ottengo 14.
Con questa “prova” abbiamo avuto la conferma che 1110 a base 2 è 14 a base 10.

La scrittura polinomiale ci permette di passare

da base qualsiasi a base 10.

Ho ad esempio il numero 1210 a base 3 da trasformare a base 10

Scrivo il numero in forma polinomiale, usando questa volta le potenze crescenti della base, 3.

0x3^0 + 1x3^1 + 2x3^2 + 1x3^3

La prima posizione (da destra) è quella delle unità per tutti i sistemi, quindi vale 1, che si indica con base ^0 (qualsiasi numero elevato 0 da 1), così continuo con le potenze crescenti della base, per tutte le posizioni seguenti.

Eseguo l'espressione in colonna:


Quindi il numero 1210 a base 3 è il numero 48 a base 10.
Dalle bozze di
Anna Laura e Giovanni Andrea
la I A
Ricordo che da questa pagina si può scaricare un lavoro in Excel "Conversione numeri da base a base". E' trattato anche il sistema esadecimale.

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martedì 23 ottobre 2007

I sistemi di numerazione a base diversa da 10

Lavorando con i sistemi di numerazione posizionali,
abbiamo chiarito perché si dice "a base...". Si dice così perché il valore delle singole posizioni varia secondo le potenze crescenti (da destra verso sinistra) della base scelta.
Sui sistemi di numerazione a base diversa da 10 abbiamo scoperto che tutte le basi possibili si scrivono 10, che non si pronuncia dieci, bensì uno - zero; l'uno (1) se stiamo lavorando a base 4 pesa 4 unità (corrisponde alle decine, 10 unità, del sistema decimale), se lavoriamo a base 7 pesa 7 unità.
Per esempio, se stiamo lavorando a base 4 :
la prima posizione vale 1 (4^0),
la seconda 4 (4^1),
la terza 16 (4^2),
la quarta 64 (4^3),
e così via sempre moltiplicando i valori delle singole posizioni per 4, o secondo le potenze crescenti del numero 4 (la base).
A differenza del sistema a base 10 dove si fanno i raggruppamenti da 10 qui si fanno raggruppamenti da 4 unità passando da una posizione a quella successiva.
Nel sistema a base 4 la seconda posizione "scatta" quando nella prima posizione abbiamo 3 unità, perché con una unità in più vado a formare una quartina.
Così quando in seconda posizione ho 3 quartine, scatta la terza posizione e si va a formare una sedicina, cioè ho 4 quartine, raggruppamenti da 4 unità, quindi 16 unità totali. E così via…
Man mano che ci spostiamo da destra verso sinistra il valore delle posizioni va crescendo sempre di 4 in 4. Non notate qualcosa? Beh! certo che anche se stiamo lavorando a base 4 il ragionamento è sempre lo stesso del sistema decimale. Sono tutti sistemi posizionali.
Curioso vero? Ciao alla prossima.

Saverio, I A
[Aggiornamento] Maestra Renata pubblica un bellissimo lavoro per capire meglio! Anche i decimali... Questa la presentazione, su splash_scuola gli esercizi

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lunedì 22 ottobre 2007

[Contributi] Matematica e poesia

Un nuovo contributo dell'amico Gaetano Barbella, che stavolta potrebbe sembrare una "contaminazione", un O.T. ...
Insolito, certo. Io lo ritengo una bella contaminazione.
Dice Gaetano:

"Dice Gesù ai suoi apostoli: «Voi siete il sale della terra. Ma se il sale perde il sapore con che cosa lo si potrà salare?» (Mt 5,13). E quale, dunque il sale che giova alla matematica?

C'è chi come Karl Weirstrass, che disse: «Un matematico che non abbia un po' del poeta non può essere un perfetto matematico.»
Ma è una delle tante citazioni di moltissimi matematici e scienziati in genere, che dicono in tanti altri modi tutti la stessa cosa.

Dunque è la poesia a "salare" la matematica perché si umanizzi e per vie sommerse fanno evolvere l'umanità intellettivamente.
E la scienza stessa sembra che abbia intuito queste "vie sommerse", sicuramente le stesse del «Vie Naiade» dantesche.

Ad Alain Aspect, ricercatore dell'Università di Parigi si deve, nel 1982, la realizzazione di un esperimento la cui portata va ben al di là delle scienze naturali, ma coinvolge tutta la nostra comprensione del reale.
Aspect ha dimostrato che, in determinate condizioni, le particelle subatomiche sono in grado di "comunicare" istantaneamente fra di loro, quale che sia la distanza che le separa. Non importa se
si trovano a pochi millimetri o a miliardi di chilometri di distanza: ogni particella sembra comunque "sapere" ciò che sta facendo l'altra.
Quindi la poesia per la matematica è necessariamente la stessa trattata peculiarmente da un accademico della letteratura perché l'intelletto sia pregno di umanità.

Ecco ora un po' del mio "sale" ...

SETTEMBRE
- SETTE’ ADDÒ VAI? -

Da poco era passato settembre che chiudeva le porte ad una stagione calda insopportabile. Preso da malinconia, mi sorsero pensieri irrefrenabili dall'anima conturbata densa di riflessioni inconsuete.
Per primo, mi si prefigurarono lati non amabili di quando il desiderio sorge forte con voglie inappagabili che la forte calura estiva, poi, trasforma in supplizio.
Il mangiare pur essendo una necessità, comprendendovi quello del corpo e dello spirito, è come se la forte solarità le obbligasse alla rinuncia. Un sacrificio imperativo per chissà quali fini..., ma non si può zittire l'anima perché, forse, è in questo il segno della vita che non si spegne mai.
Resta perciò l'ultimo grido, l'ultima esalazione oltre la speranza, che è come se modificasse il cosmo d'intorno imprimendo il suo sigillo.
È «'O gulio che sfruculea» di un campano in me nel cuore... ed arriverà il suo giorno col giusto “Agnello” per scioglierlo!

‘O GULIO CHE SFRECULEA

Che guaio ‘a calura senz’aria de’ ssere:
è scura pe’ l’omme che nun tene niente,
quanno ‘o gulio le ven’ pe’ lo sfreculià.
Chissà, passa n’anima amica e sente:
vien’ co’ mmè a magnà, cantà e vevere.
Ma è longa ‘st’attesa, che fa sulo pallià.
Fa cap’ a ‘no supplizio che lo fa lacremà,
e co’ chelle ssere senz’aria, pe’ lo cresemà

[Trad.]
LA VOGLIA CHE STUZZICA

Che guaio l’aria immota e calda delle sere:
non le sopporta l’uomo senza denaro,
quanto la voglia gli viene per stuzzicarlo.
Chissà, passa un amico e sente da lui:
vieni con me a mangiare, cantare e bere.
Ma è lunga quest’attesa, che lo illude soltanto.
Fa capo ad un supplizio che lo fa piangere,
e con quelle sere senz’aria, per crocifiggerlo.

Sono attimi di vita per gli altri che ci sfiorano ma non per chi sta per morire. È come fosse invece un'eternità ma avvolta in un sonno, una sorta di sudario medicamentoso. Qui la notte si unisce ad un sonno soporifero lenendo l'immane sofferenza di prima che si dilegua sconfitta.
Nel misticismo degli esoterici si dice che a tutti è dato nell'ultimo attimo di vita di rivivere, come in un film, tutta la vita trascorsa sin dalla nascita.
È la notte dei tempi di «Quann'ero guagliunciello»...

QUANN’ERO GUAGLIUNCIELLO

Ddoce è ‘a nuttata quanno
a fora, ‘o vient’ soscie forte.
Me stregn’ sott’ ‘e cuperte
e m’addormo penzanno.
Penzo a comm’era bello
quann’ero guagliunciello.

[Trad.]
QUAND’ERO RAGAZZINO

Dolce è la notte quando
fuori, il vento fischia forte.
Mi stringo sotto le coperte
e mi addormento "penzando".
"Penzo" a com’era bello
"quanndo" ero ragazzino.

Ma come si fa a slittare per sempre dal presente, per chissà quali altri “presenti”, senza fissare in sé la nostra caducità estrema come di una foglia autunnale che si adagia fra altre sulla fredda terra? E resta anche il tempo per salutare lo stesso tempo, Settembre...
Ma si sta facendo giorno. Un altro giorno che è come non ci appartenga più, mentre lui, Settembre col suo carro, s'avvia al suo tramonto annuale. Cerco di trattenerlo ma non posso far altro che salutarlo nella tristezza e malinconia che mi assale senza rimedio.
«Sette' addò vai?» dico quasi inseguendolo. «Quanno ce vedimmo Settembre?». E poi aggiungo altre parole...

SETTE’ ADDÒ VAI?

Quanno ce vedimmo Settembre?
Te ne staj’ ienne, ma fra l’ombre
de’ frasche che frusceeno, sento.
Sento a malia de’ ccose d’‘o viento,
C’‘o viento pure l’aucielli, che sanno,
‘ndalleeno a ccà e a llà co’ affanno.

SETTEMBRE DOVE VAI?

Quando ci vediamo Settembre?
Te ne stai andando, ma fra le ombre
delle frasche rumorose, sento.
Sento l’incantesimo delle cose del vento.
Col vento pure gli uccelli, che sanno,
indugiano di qua e di là con affanno.

Ora mi sovviene un vero poeta, napoletano verace, che tanto ammiro, Salvatore Di Giacomo. È forse un barlume d'aurora di quel nuovo “presente” in cui ci si reca “dopo”?
Deve essere così perché le misere mie spogli in quei «aucielli» della mia poesiola sembrano rinvigorirsi al suo comparire d'incanto. Egli, tutt'altro che infastidito dal mio farfugliare, si unisce al mio lamento per introdurvi qualcosa di prezioso, l'amore che io non ero stato capace di rigenerare... Sono le sue auriche “rundinelle” primaverili che cantano per darmi il benvenuto, di certo...

«Ncopp’a lu mare passano, cantanno
d’ammore e gelusia, li rundinelle
quando a n’ato paese se ne vanno»
(da Fronna D’Aruta)

Gaetano Barbella
«Il geometra pensiero in rete»

Note:

Su Salvatore Di Giacomo, straordinaria voce poetica di Napoli, rimando a un bell'articolo di Nevia Buommino, insegnante di lettere, esposto sul sito Porta@Napoli.

L'immagine di testata è stata tratta da http://marziaserra.splinder.com/


grazie Gaetano!

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domenica 21 ottobre 2007

I problemi moltiplicativi

Introducendo La risoluzione dei problemi aritmetici
si era detto che i problemi aritmetici che a noi interessa saper risolvere possiamo distinguerli in 2 tipi:

  • additivo: si risolvono con l'uso dell'addizione o della sottrazione
  • moltiplicativo: si risolvono con l'uso della moltiplicazione o della divisione.
Con questo post cominciamo ad occuparci dei problemi moltiplicativi di base, da risolvere con una sola operazione, la moltiplicazione o la divisione.

La moltiplicazione vista in tre modi diversi.
Analogamente a quanto visto per l'addizione, consideriamo una moltiplicazione scrivendo i suoi termini con le lettere al posto dei numeri, in modo da indicare, come sappiamo, una moltiplicazione qualsiasi.

a * b = c

alle lettere a e b, i due fattori, possiamo sostituire due numeri qualsiasi e alla lettera c il loro prodotto.
Se dividiamo il prodotto per uno dei due fattori otteniamo il secondo fattore. Cioè possiamo scrivere:

c : a = b
c : b = a

La divisione è infatti l’operazione inversa della moltiplicazione. Quella che ci permette di…tornare indietro.
Le operazioni scritte possiamo anche considerarle tre modi diversi per scrivere la moltiplicazione.
I tre modi ci permettono di calcolare un termine conoscendo gli altri due.
Ogni volta che si pensa ad una moltiplicazione è importante pensarla sotto questi tre punti di vista.

Ancora una volta ricordiamo che è utile inquadrare la tipologia del problema.
Per quanto riguarda i problemi moltiplicativi possiamo riconoscere una ripetizione di misure o di oggetti, oppure una ripartizione di misure, di oggetti, in parti uguali.

Cominciamo dunque a considerare qualche semplice esempio di problema che prevede l'uso della moltiplicazione o della divisione.
  1. 7 amici posseggono ciascuno 5 euro. Quanti euro posseggono in totale (complessivamente)?
  2. Un quaderno costa 2 euro. Quanto spendo per acquistarne 5?

Sono certa che sapete risolvere facilmente problemi di questo tipo. Riconoscete in essi la ripetizione di misure, di quantità.
E sapete anche che la moltiplicazione è l'operazione che vi permette, rapidamente, di contare più volte la stessa quantità: essa, sappiamo, è un'addizione ripetuta con addendi tutti uguali.

Ricordando i tre modi diversi di scrivere la moltiplicazione,
a * b = c
c : a = b
c : b = a
riconosciamo nei nostri due problemi la prima situazione: il totale è sconosciuto (è un totale costituito da parti uguali).
Quindi, risolvo …….
Lascio a voi!

Altri esempi:
  1. Ho 35 matite colorate. Devo distribuirle in parti uguali fra 7 alunni. Quante matite riceve ogni alunno?
  2. Ho 27 matite colorate. Le distribuisco in parti uguali fra un gruppo di alunni. Ognuno di essi ne riceve 9. Quanti sono gli alunni?
Questi due problemi prevedono la ripartizione di oggetti in parti uguali.
Richiedono qualche riflessione in più.
Qualcuno di voi sarà portato a dire immediatamente, per il primo: riceve 5 matite perché 7*5 fa 35. E per il secondo, sono 3 gli alunni perché 9*3 fa 27.
In questo modo stiamo usando il metodo "diretto". Ma siamo favoriti dal calcolo semplice!
E nei casi più complessi? E se ho numeri decimali?

Allora riflettiamo: in questi problemi conosco il "totale"(rispettivamente 35 matite e 27 matite), da distribuire in parti uguali.
Posso quindi dire che è un totale costituito da parti uguali. Questo è importante sottolinearlo perché è da tale osservazione che intuisco sia stato ottenuto con una moltiplicazione! Non lo confondo perciò con totali ottenuti per somma.
Le parti uguali sono rispettivamente il numero di alunni (7 alunni) e il numero di matite (9 matite).
Se vi chiedo quale operazione mi permette di suddividere, distribuire in parti uguali, sono certa avete la risposta corretta!
E se vi chiedo qual è l'operazione inversa della moltiplicazione, ugualmente avete la risposta.

Rivediamo ancora una volta i tre modi diversi di scrivere la moltiplicazione,
a * b = c
c : a = b
c : b = a
Nei nostri problemi, quali termini sono conosciuti? Quale sconosciuto? Sapete fare la scelta giusta per la risoluzione?

Ritrovando i tre modi nel nostro primo problema, abbiamo:

[…] * 7 = 35
35 : 7 = […]

Nel secondo problema:
9 * […] = 27
27 : 9 = […]

In definitiva:
Prodotto : fattore conosciuto = fattore sconosciuto.
L'operazione di divisione mi permette di trovare il fattore sconosciuto!

Nota: Su questi due tipi di problemi possiamo aggiungere una ulteriore osservazione, che riguarda i due diversi modi di intendere la divisione:
a)
35 matite, divise in parti uguali fra 7 alunni: si tratta giusto di una distribuzione in parti uguali (7)
b)
27 matite, divise in parti uguali, ogni "parte" è costituita da 9 matite: si tratta di fare dei raggruppamenti (da 9 matite).

Troviamo (e risolviamo) altri esempi di problemi moltiplicativi di base, su questa pagina. Che ci ha dato diversi spunti....!
alla prox! :-)

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giovedì 18 ottobre 2007

[Contributi] "Passione al femminile" nella matematica

L'amico
lettore, Gaetano Barbella,
Il geometra pensiero in rete, ci offre ancora questo interessante articolo.

UNA PASSIONE AL FEMMINILE DELLA MATEMATICA

È tanto che giro e rigiro su temi sulla matematica, ma mancavano fra questi riflessioni sulla “passione al femminile” della matematica. A dire il vero, non essendo un matematico, riconosco di non avere opinioni a riguardo per fare le opportune meditazioni. Però mi incuriosisce sapere su questa cosa.
Un barlume già mi sovviene, perché tempo fa avevo messo da parte un ritaglio di giornale con un articolo ad hoc sull'argomento in questione. Lo stralcio riguarda il Giornale di Brescia dell'8 maggio 2005 e l'articolo era a firma a.l.ro.. Naturalmente essendo trascorsi più di due anni dalla data suddetta, le cose qui trattate forse oggi non si presentano così come sono descritte, comunque resta utile a sapersi la visione reale della donna impegnata nella scienza matematica che non cambia.
Non si può evitare di accettarla poiché è Andrea Blunck, professoressa all'Università di
Amburgo, che, all'interno dei suoi seminari e delle sue lezioni, si è posta anche un singolare obiettivo: far scoprire ai suoi studenti il rapporto fra donne e matematica e le figure femminili che - nonostante un pregiudizio che vuole i numeri in sintonia prettamente maschile - nell'arco dei secoli, si sono affermate o hanno comunque dato un contributo rilevante allo sviluppo delle scienze matematiche.
L'occasione per dire queste cose riguardava una conferenza all'Università Cattolica di Brescia dal Dipartimento di matematica e Fisica «Niccolò Tartaglia», in cui la professoressa Blunck ha ricordato che c'è una storia «in rosa» della scienza dei numeri.

E qui si entra nel tema propostomi e non posso che lasciare la parola a chi ha scritto l'articolo suddetto, che comincia così, ma alcune cose dette le ho anticipate già:
La matematica è maschile o femminile? In altre parole «si adatta meglio al cervello degli uomini o delle donne? Bella domanda, verrebbe da dire, se non fosse perché sulle presunte differenze fra i due sessi riguardo alla quantità, ma anche alla distribuzione, di materia grigia si sono sprecati i discorsi così come i fiumi d'inchiostro. Ma il tema è curioso. Già, perché in fondo di donne matematiche se ne sente parlare poco, al punto di chiederci se ne esistano o ne siano esistite nella storia. Ed è proprio su questo fronte che le sorprese non mancano...».
E qui ora una serie di considerazioni relative al 2005 che è utile sapere in merito a questa domanda che la Blunck fa: «Che immagine abbiamo della matematica?». E poi la sua risposta:
«A scuola l'argomento piace più ai ragazzi o alle ragazze? Chi lavora maggiormente nel campo, uomini o donne?
«Dipende dal luogo e dal tempo» risponde, dati alla mano, la Blunck: in Italia abbiamo un bel 70% di femmine fra gli studenti di matematica, ma solo il 13% di donne nei professori ordinari. In Germania la percentuale cala ulteriormente: il 50% di studentesse e il 5% di docenti.
Un'altra diversità consiste nel fatto - osserva la relatrice - che «nel Nord dell'Europa la matematica è considerata una scienza naturale, e come tale pare più adeguata agli uomini, mentre al Sud essa fa parte delle scienze filosofiche».
A ciò s'aggiunga la «cattiva fama» della disciplina: la matematica, si sa, non è per nulla creativa; addirittura molti la vedono come una materia «rigida, immobile, invariabile», consona a
temperamenti «solitari». Difficile pensare ad una attività sociale che la includa e, ancor più ostico, prefigurare un suo sviluppo. In fondo «2+2 fa sempre 4». E da qui, di certo, non si scappa...
Eppure gli esempi illustri e le menti ingegnose, anche in campo femminile, nel passato non sono mancati.
A cominciare, quasi incredibilmente, da alcune italiane. Maria Gaetana Agnesi, vissuta nel '700, bambina prodigio (fin da piccola parlava sette lingue), figlia di un ricco mercante milanese, si dedica alla stesura di «Istituzioni analitiche ad uso della gioventù italiana» il primo libro di cui si abbia notizia in lingua italiana sulle teorie di Newton e Leibniz. La Agnesi studia il calcolo differenziale ed integrale, lega il suo nome ad una famosa curva not
a, appunto, come «versiera di Agnesi», che per uno strano bisticcio nella traduzione, appare nell'edizione inglese come «witch - ovvero "strega" - of Agnesi». Nel 1752, dopo la morte del padre, si occupa di opere caritatevoli.
Prima di lei, si conoscono anche i nomi di Elena Corsaro Piscopia, padovana, autrice di scritti di matematica e Fisica e di Laura Bassi, bolognese, professoressa di Fisica e madre di otto figli.
Altri personaggi di primo piano - prosegue la Blunck - sono state la francese Sophie Germain, la russa Sonia Kovalevskaja

e la tedesca Emma Noether, vissute fra il diciottesimo e il diciannovesimo secolo.
Sophie Germain, esclusa (perché donna) dall'Accademia delle scienze e dall'Ecole Polytechnique, escogita lo stratagemma di usare uno pseudonimo maschile (Monsieur Le Blanc) per poter ricevere gli appunti delle lezioni. E così che il famoso matematico Lagrange nota l'acume di questo suo «allievo» e, appreso in seguito che, si tratta di una donna, deciderà di diventarne mentore. La Germain lavorerà sulle teorie dei numeri e sull'elasticità e sarà la prima donna, nella storia della matematica, a pubblicare le sue ricerche in riviste scientifiche.

La pioniera Kovalevskaja
acquisirà per prima il dottorato a Göttingen, mentre Emma Noether della matematica fa la sua vera professione e, vocazione. È tutt'oggi ritenuta la «madre dell'algebra». Ebrea, emigrerà nel 1933 in America, dove morirà di lì a breve, nel 1935.
Qui si esaurisce l'articolo di a.l.ro., resta da aggiungervi questa mia piccola riflessione che di seguito esprimo con modestia, quasi da estraneo. Dico che mi appare pessimistica la situazione in cui sembra versare la donna disposta verso la matematica, secondo la prospettiva della professoressa Blunck attraverso la quale lei conclude col dire che è «Difficile pensare ad una attività sociale che la includa e, ancor più ostico, prefigurare un suo sviluppo.»
Ma è proprio così la situazione di oggi? Il panorama offerto dal web lascia intravedere un certo ottimismo....
G.Barbella


Grazie Gaetano!

Mi piace integrare l'articolo di Gaetano segnalando qualche link:
un articolo di Federico Peiretti (LA STAMPA, 27/1/2001), riportato su Polymath

che presenta il saggio di Gabriele Lolli La crisalide e la farfalla.
F.Peiretti dice: "La matematica, è immaginazione, fantasia, libertà di pensiero e dev'essere respinta l'idea ancora diffusa della matematica intesa come religione e modello di verità assolute. Proprio questo falso aspetto sacrale è stato usato, fino ai tempi più recenti, come pretesto per creare una barriera contro le donne; perché nella matematica, come nella religione, gli officianti, i preti, dovevano essere solo uomini."

Interessanti in proposito, indici, statistiche e qualche commento su:
Le Donne nella Matematica

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mercoledì 10 ottobre 2007

Il calcolo con le frazioni

Eseguiamo le operazioni con le frazioni perché esse sono, oltre che operatori su grandezze, anche dei numeri. Sono i numeri razionali.
Sì, non i naturali, quelli non bastavano più!
Quando l’uomo si è trovato a dover risolvere certe divisioni, quelle non fattibili in N, insieme dei numeri naturali, (si dice non interne ad N) si è dovuto inventare l’insieme Q (insieme dei numeri razionali). Più precisamente, ricordiamo che per numero razionale si intende una classe di equivalenza che è: l’insieme delle infinite frazioni equivalenti ad una frazione primitiva.
Vediamo le più semplici operazioni con frazioni, l’addizione e la sottrazione.
Un esempio:
2/3 + 5/3 + 4/3 = 11/3.
In questo caso mi è venuto molto facile perché dovevo addizionare sempre dei terzi, aggiungere sempre la stessa unità frazionaria che è 1/3, cioè sommare unità frazionarie omogenee, come si fa con le grandezze omogenee (solo fra grandezze omogenee si può operare, fare calcoli).
Quando invece dobbiamo eseguire un addizione con diverse unità frazionarie come sarà il procedimento?
Facciamo un esempio:
2/3 + 5/4 + 7/2
So che posso sommare solo unità frazionarie uguali, quindi devo avere uguali i denominatori. Questo con le frazioni è possibilissimo. Abbiamo uno strumento: riduzione al minimo comune denominatore. Lo abbiamo usato tante volte, per es. per confrontare frazioni.
Cerco il m.c.m. (il minimo comune multiplo) fra i denominatori, che in questo caso è 12 e lavoro così:
2/3 + 5/4 + 7/2 =
8/12 + 15/12 + 42 /12 = 65/12 (sul quaderno anziché scrivere il 12 per quanti addendi sono presenti, lo scrivo una volta sola sotto un’unica linea di frazione).
Come avete potuto vedere anche i numeratori sono cambiati, perché abbiamo seguito la regola dell’invariantiva, che è la proprietà della divisione, che ci permette di trovare frazioni equivalenti.

Cioè se il 3 per diventare 12 è stato moltiplicato per 4, anche il 2 a sua volta deve essere moltiplicato per 4, per questo è diventato 8. Così è stato anche per il 5 ed il 7. Per le sottrazioni si usa lo stesso procedimento.

dalla bozza di Laura,
la II A

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lunedì 8 ottobre 2007

e SE domani...

Fantasia e creatività con Excel!
Pubblicato il precedente post sulla funzione SE(), mi è tornata in mente la genialità di alcuni miei amici che qualche anno fa si sono divertiti a risolvere, utilizzando funzioni e formule alternative al SE(), un problema che prevede un preciso risultato giusto al verificarsi di determinate condizioni.

Barbara, Enzo, Fernando, Ivano, Maurizio, Tiziano, i miei amici di RIO, "mostri" nell'uso di Excel, hanno battezzato il problema seguente

"E se domani..."
Quale formula devo inserire in D2 perché mi restituisca:
il valore minimo (B2) se A2 è minore di B2,
il valore massimo (C2) se A2 è maggiore di C2,
il valore in A2 negli altri casi?
indicare la formula in D2 quindi verificare il risultato modificando le celle A2, B2 e C2.
Osservate cosa hanno combinato:


Un altro esempio di fantasia alternativa a SE() potete gustarlo leggendo questo thread

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domenica 7 ottobre 2007

La funzione SE() in Excel: un gioco di logica

La funzione SE() è una delle funzioni appartenenti alla categoria Logiche, come possiamo visualizzare nella finestra di dialogo Inserisci funzione.

Restituisce (cioè si hanno in uscita) dati diversi, stabiliti dall’utente, al verificarsi o meno di una certa condizione (argomento logico).

Cerchiamo di capire questa funzione con un gioco.
Invita un tuo compagno a indovinare e digitare nella cella A1 di un foglio di lavoro, il numero che tu hai digitato in una cella nascosta o fuori della schermata: se indovina, in cella B1 comparirà la scritta GIUSTO, altrimenti apparirà RIPROVA.
Prepara il gioco:
In cella A130 digita il numero che hai pensato.
In cella B1 inserisci la funzione logica SE(). Scegliendola (con OK) da Inserisci funzione della figura precedente, apparirà la finestra seguente:
Come vedi ci sono tre caselle, cioè tre argomenti [gli argomenti del Se sono tre!].
Nella casella Test si scrive la condizione che il programma deve controllare. Il tuo amico digiterà un numero in A1, il programma deve controllare se il numero corrisponde a quello da te digitato nella cella A130. Il test è quindi: A1= A130. Digita questa condizione nella casella Test.

Nella casella Se_vero si deve indicare quale dato deve essere restituito in B1 se la condizione risulta VERA. Digita GIUSTO
Nella casella Se_falso, si deve indicare quale dato deve essere restituito sempre in B1, nel caso la condizione sia FALSA. Digita RIPROVA.
Clicca su OK.

Potrai osservare che al tuo Ok il gioco è partito e in cella B1 è scritto RIPROVA, perché il programma attribuisce ad A1 il valore 0 (zero), dato che per il momento la cella è vuota.

Controlla la Barra della formula per imparare la sintassi della funzione.
Visualizzerai:
=SE(A1=A130;"GIUSTO";"RIPROVA")
I caratteri e i testi come vedi vengono automaticamente scritti fra virgolette. Se dovessi digitare la formula direttamente nella cella, quindi immetterla senza passare da Inserisci funzione, dovrai digitare tu le virgolette e ricordare di separare gli argomenti con il ; punto e virgola.

Dunque, la sintassi del SE() è:
SE(test; se_vero; se_falso)
Cioè:
=SE(condizione;risposta nel caso che la condizione sia vera; risposta nel caso che la condizione sia falsa)

Vediamo di saperne un po’ di più sui tre argomenti.
Condizione: per esprimere la condizione si utilizzano gli operatori di confronto, che mettono appunto in relazione valori e/o riferimenti.

Osserva nella tabella gli operatori di confronto
La condizione, espressa in questo modo può assumere solamente due valori: o è VERA o è FALSA (per questo si parla di funzioni logiche: tali operatori sono utilizzati all’interno di proposizioni logiche, le quali possono essere solo VERE o FALSE).
Se la condizione è vera viene eseguita l’istruzione indicata nel secondo argomento, se è falsa, quella indicata nel terzo.

Se_vero: il secondo argomento contiene l’istruzione, che può anche essere una funzione o un insieme nidificato o concatenato di funzioni. (Nel nostro gioco con l’amico l’istruzione è la scritta GIUSTO). L’istruzione è eseguita SE la condizione è VERA.

Se_falso: il terzo argomento contiene l’istruzione, che può anche essere una funzione o un insieme nidificato o concatenato di funzioni. (Nel nostro gioco con l’amico l’istruzione è la scritta RIPROVA). L’istruzione è eseguita SE la condizione è FALSA.

A questo punto abbiamo qualche informazione in più per perfezionare il nostro gioco.

Impariamo a nidificare la funzione SE().
Il gioco come lo abbiamo descritto sopra va bene se il numero da indovinare è compreso in un intervallo ristretto, per esempio fra 0 e 10; se il numero è compreso fra 1 e 100 il tempo di gioco rischia di diventare lunghissimo.
Possiamo allora dare un suggerimento: impostiamo la formula, in modo che Excel controlli se il numero immesso in A1 è minore di quello in A130, e in questo caso facciamo in modo che la formula restituisca la scritta RIPROVA CON UN NUMERO PIU’ GRANDE altrimenti restituisca RIPROVA CON UN NUMERO PIU’ PICCOLO.

Questo è possibile inserendo, come terzo argomento, il Se_falso, una nuova funzione SE(), che a sua volta conterrà tre argomenti.

La formula precedente
=SE(A1=A130;"GIUSTO";"RIPROVA")
viene così modificata:

Abbiamo nidificato la funzione SE().
Buon gioco!:-)

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sabato 6 ottobre 2007

Il nostro sistema di numerazione è "decimale"

Perché il nostro sistema di numerazione si chiama decimale.

Il nostro sistema di numerazione si chiama decimale perché per scrivere i numeri usiamo 10 cifre: sono le famose 10 cifre “arabe” ma in realtà inventate dagli indiani (abbiamo letto la bella storiella delle sifr, della carovana a Bagdad che veniva dalle Indie…).
C’è anche un altro motivo. Il nostro sistema è di tipo posizionale: il valore delle cifre dipende dalla posizione che occupano nel numero. E’ decimale perché si fanno dei raggruppamenti da 10 per passare da una posizione a un’altra.

Vediamo come scriviamo i numeri formando i gruppi di 10.

Se ci chiedono di scrivere l’otto noi lo scriviamo così: 8, e già pronto. Anche il nove: 9.
Ma cosa succede se noi vogliamo aggiungere 1?
Prendiamo come esempio dei dolci, se ho gia nove dolci + uno, avrò 10 dolci, che sono 10 unità (ogni dolce una unità). Perché nella prima posizione (le unità) c’era già il 9, non può starci un’altra unità. 10 unità formano una decina, quindi l’uno passa al secondo posto, ma vale 10, la prima posizione resta vuota, lo zero, e avremo: 10.
Ora aggiungendo sempre un dolce potremo scrivere le altre unità fino a 19; aggiungiamo un dolce: nella prima posizione ci sono nove dolci (unità) e un altro non ci può stare, ma formo un’altra decina.
Quindi passa in seconda posizione, che ha già 1 decina, diventano 2 e la posizione delle unità è di nuovo vuota: e avremo 20.
Sempre aggiungendo 1 fino a 29 e se aggiungiamo un dolce quello non sta nella posizione del
nove e quindi viene accolto dal 2 che diventa 3 e la posizione del 9 diventa vuota e avremo 30.
E così via fino a 99. Se a 99 aggiungo 1 il primo nove non lo accoglie, diventa 1 decina, deve andare in seconda posizione, in seconda posizione ci sono già 9 decine, aggiungendone una diventano 10 decine, ma non ci stanno in seconda posizione, quindi 10 decine vanno a occupare la terza posizione (10 decine = 1 centinaio)
Scriveremo: 100. L’uno vale 100 la prima e la seconda posizione restano vuote.
Si continua così per scrivere tutti i numeri. Man mano che nelle posizioni si raggiunge un gruppo da 10, “scatta” la posizione successiva.
Quindi stiamo facendo gruppi di 10: decimale (o a base 10, da approfondire perché questo termine: base).
Saverio I A

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giovedì 4 ottobre 2007

Attività: calcolo distanze sulla cartina geografica.

Sfruttando il concetto di rapporto abbiamo eseguito in classe un'attività.

Calcoliamo la distanza Roma-Napoli sulla cartina geografica dell’Italia.
Misuriamo sulla cartina la distanza tra le due città utilizzando uno spago che facciamo passare per il tratto di strada che le unisce, seguendo tutte le curve. Poi mettendo il filo in linea retta misuriamo la sua lunghezza con un righello.
La lunghezza dello spago è di 19,5 cm, quindi sulla cartina la distanza tra Napoli e Roma è di 19,5 cm.
Il rapporto di scala della nostra cartina è di 1:1.100.000.
Sappiamo che significa che 1 cm sulla carta equivale a 1.100.000 cm nella realtà.
Conviene trasformare 1.100.000 cm in km.
1.100.000 cm = 11 km
Quindi: 1 cm = 11 km,
19,5 cm = 19,5 * 11 = 214,5 km: è la distanza reale Roma-Napoli.
Controlliamo su una tabella delle distanze chilometriche fra città italiane.
Roma-Napoli: 219 km.
Noi abbiamo commesso qualche errore nella misurazione.
Possiamo aver sbagliato nel far passare il filo sulla carta, nella misurazione con il righello, nel segnare i punti di inizio e fine (Roma e Napoli sulla cartina)…
Ma abbiamo usato correttamente il rapporto di scala!
Emanuele e Nicola II A
(la prof ci ha corretto un po' la forma. Dobbiamo migliorare il nostro italiano!)

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martedì 2 ottobre 2007

Il concetto di rapporto

Laura ha già cominciato a raccontare come dalla frazione stiamo passando al concetto di rapporto in matematica.

Il rapporto, come la frazione, considera un certo numero di parti rispetto a quelle totali, ci permette il "confronto" tra un certo numero di parti rispetto al totale.
Un esempio di rapporto può essere quello che c’è tra l'altezza di un un albero e l'altezza di un campanile. Ovviamente è più grande il campanile, ma possiamo precisare che tra altezza-albero e altezza-campanile c'è un rapporto di ¼ che possiamo scrivere 1:4 e si pronuncia 1 a 4 o 1su 4. Viceversa tra altezza-campanile e altezza-albero c’è un rapporto di 4:1 (4 a 1).
Bisogna ricordarsi che 4:1 non vuol dire necessariamente che il campanile misura 4 m e l’albero misura 1 m, ma vuol dire che il campanile è quattro volte più grande dell’albero, ossia il quadruplo. Per esempio: se l’albero misura 2 m il campanile misurerà 8 m, perché, 2 x 4 =8 e 8 : 2 =4.

Un tipo di rapporto è anche la percentuale. Il denominatore è sempre 100 ma il numeratore no. Il totale viene sempre rapportato a 100 e la percentuale indica il numero di parti su 100.

Abbiamo visto, inoltre in quanti modi può essere utilizzato il rapporto: nella carta geografica o per disegnare la pianta di qualcosa, per esempio, della classe.
Il rapporto che viene usato nella pianta dell’Italia (quella che abbiamo in classe) è di 1:1.100.000, vuol dire che rispetto alla dimensione reale è di 1.100.000 volte più piccola, ma soprattutto che 1 cm sulla carta, corrisponde a 1.100.000 cm nella realtà cioè 11 km.
Per quando riguarda la pianta della classe possiamo ridurla in scala 1:50, cioè la classe è 50 volte più piccola, in confronto alle dimensioni reali, ma anche che 1 cm corrisponde a 50 cm nella realtà.

Alessandra II A

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lunedì 1 ottobre 2007

Problemi additivi combinati

Trattando della risoluzione di problemi aritmetici [suggerisco la consultazione degli articoli precedenti, al tema dedicati, scegliendo la categoria : Risoluzione di problemi, sulla sidebar alla destra],
abbiamo finora esemplificato le tipologie e le "strategie" per comprendere e risolvere i problemi additivi semplici: quelli risolvibili solo con una operazione di addizione o sottrazione.
Dedico ancora un post ai problemi additivi, chiamiamoli "complessi".
Si tratta solo di una combinazione di problemi semplici e si risolvono con due o più addizioni o sottrazioni.
Come visto nei problemi semplici, ancor di più in questi, spesso è utile ricorrere a un disegno, allo schema che illustri la situazione.

1) Uno zainetto ha il costo di 30 €, un altro, trolley, costa 20 euro in più, un altro, ancora più accessoriato, costa 25 euro in più del secondo. Qual è il costo totale degli zainetti?
Lo schema suggerisce:



1° zaino: 30 €
2° zaino: 30+20 = [...] euro
3°zaino: 30+20+25 = [...] euro
Costo totale: 30 + [...] + [...] = [...] € facile vero?

2) Un tratto di strada è lungo 20 Km. Un secondo tratto è lungo 5 Km in meno del primo, un terzo è lungo 10 in più del secondo tratto. Qual è la lunghezza complessiva dei tratti di strada?
1° tratto: 20 Km
2° tratto: 20 - 5 = [...] Km
3° tratto: (20-5) + 10 = [...] Km
Tot: [...] Km

Provate voi a schematizzare e risolvere?
In caso di difficoltà ogni lettore può segnalare lasciando un commento.
Così anche per ogni ulteriore dubbio o curiosità su problemi aritmetici particolari!
Il prox post riguarderà i problemi moltiplicativi.
a presto! :-)

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[Contributi] Horus, Thot e tanto altro...

Gaetano Barbella è davvero un appassionato, eclettico studioso.
A completamento del "tema su Horus", ci fornisce ulteriori, notevoli spunti di riflessione ed approfondimenti....
Il lettore più interessato troverà sicuramente appassionanti le argomentazioni di Gaetano. Personalmente apprezzo! A non leggere fino in fondo si perde qualcosa :-)

LA PROFEZIA DI THOT

La buona matematica, la matematica veramente utile, non è quella che ci permette di fare bene i conti. La matematica fine a sé stessa non giova al progresso dell'uomo, anzi lo inaridisce nell'animo, disgregando in lui il sentimento che lo affratella ai suoi simili. E poi la matematica per il fatto di riconoscerla magica e perciò piacevole, proprio per questo è come se ci esortasse ad entrare nel suo mondo per svelare le cose della vita che si presentano adombrate ed irrisolvibili con la ragione pratica.
Tant'è che lo scienziato ha un suo peculiare modo di accettare l’incerto e farne tesoro.

Il defunto scienziato Richard Feynman, Nobel per la fisica, nel suo libro «Il senso delle cose» tratteggia la natura dello scienziato moderno con le seguenti parole:
«Molti si stupiscono che nel mondo scientifico si dia così poca importanza al prestigio o alle motivazioni di chi illustra una certa idea. La si ascolta, e sembra qualcosa che valga la pena di verificare – nel senso che è un’idea diversa, e non banalmente in contrasto con qualche risultato precedente – allora si che diventa divertente. Che importa quanto ha studiato quel tizio, o perché vuole essere ascoltato. In questo senso non ha nessuna differenza da dove vengano le idee. La loro origine vera è sconosciuta. La chiamano “immaginazione”, “creatività” (in realtà non sconosciuta, è solo un’altra cosa come l’“abbrivio”).
Stranamente molti non credono che nella scienza ci sia posto per la fantasia. E’ una fantasia di un tipo speciale, diversa da quella dell’artista. Il difficile è cercare di immaginare qualcosa che a nessuno è mai venuto in mente, che sia in accordo in ogni dettaglio con quanto già si conosce, ma sia diverso; e sia inoltre ben definito, e non una vaga affermazione. Non è niente facile.».

L'“abbrivio”, cui si riferisce Feynmann, è cominciare a muoversi con certo impulso onde acquisire l'inerzia necessaria e così procedere per sviluppare nuove concezioni sulla base delle idee sorgive ritenute interessanti. Come dire – traslando il concetto all'insegnamento scolastico –, dare l'abbrivio all'immaginazione dello giovane studente, per esempio. Ma ora torniamo al tema su Horus.

Interessante la mia ipotesi sugli “occhi di Horus”, ma la cosa finisce qui se dopo poco non ci rimane nulla per avvalercene, avendo trascurato ciò che, magari, resta impigliato di prezioso tra i suoi “rami” dell'“albero della scienza”.
Il gioco dei numeri di questo fatto curioso della matematica antica – di certo – è servito come attrattiva per il bambino in noi (il bambino ha sempre la precedenza perché sia sempre sereno e interessato a modo suo alla vita), ma molto spesso si trascura di essere anche un po' maturi – quanto basta – per pensare un po' da adulti, cosa che non guasta.
Che forse, per scherzo, le bambine non giocano, qualche volta “a mamma e figlia”? Mah! Forse sono giochi del passato ed oggi non è più così! Ma è pure un mio ricordo che ora emerge e non può essere confutato. Naturalmente ciò che sto dicendo, come già detto all'inizio, è rivolto ai giovani studenti cui è dedicato questo blog.

Ma vengo al motivo di questo approfondimento sul mio scritto su Horus. Motivo che riguarda una nuova domanda che ci si dovrebbe porre, riflettendo sulla magia risolutrice di Thot, il patrono della sapienza, per risanare l'occhio ferito da Seth, dio del male. E se Thot non ha mentito, non resta che supporre, tanto per cominciare, che egli si proponeva di stimolare il pensiero riflessivo, oltre che collaudarlo all'esercizio della memoria.

Riflettere su che cosa, dunque?
Ebbene, occorre credere che nelle piccole “capanne”, come questa che ospita le frazioni celate negli occhi del dio Horus, preferisce dimorare – prediligendo, appunto, la modestia e la riservatezza – , una grande rivelazione che vale un immenso tesoro. Nientemeno che la profezia dell'avvento di un figlio di Horus, meglio: un dio anche lui ma incarnato in un essere umano. E guarda meraviglioso caso si avvale di “tre re magi”, come fu per Gesù di Betlemme.
Giusto le tre ampolline a mo' di lacrime che sgorgano dagli occhi di Horus, contenente i suoi doni con l'uomo, “perfezione, bellezza, meraviglia e splendore”.
Ma cosa vediamo nel complesso degli occhi di Horus? Vediamo l'occhio destro, il sano, che resta di Horus, mentre l'altro, l'imperfetto, è destinato all'uomo. Ed è appunto in questa differenza che si rivela la natura dell'annunciata magia di Thot.
Si tratta del cuore in comune tra Horus e l'uomo, ossia della sede preferita dal dio come trono umano e della trachea il mezzo per rivelare la sua sapienza, il verbo. Di qui il passo è breve per intuire il senso della profezia di Thot che si riferisce ad un poter “vedere” e “parlare” chiaramente senza falsità da parte dell'uomo, di là a venire, naturalmente.

Perciò 1/64, alla luce di questa incredibile antica previsione, dal sapore di magia, starebbe ad indicare qualcosa che dovrà “giungere dal cielo” di un dio per rigenerare negli uomini il senso unitario smarrito. Unitarietà da riferirsi alla soluzione scientifica sull'equazione della conservazione dell'energia e in modo traslato alla fratellanza degli uomini.
Ma se è per affratellarli, occorre riconoscere in Gesù Cristo, figlio di Dio e dell'uomo, questo mirabile scopo pienamente raggiunto, però immolando sé stesso. In più la missione di Gesù non riguarda cose della scienza, ed in particolare della matematica, visto che la magia di Thot sembra invece avervi a che fare.

Ecco ora un altro paradosso (poiché si tratta del paganesino relativo ad Horus e del cristianesimo di Gesù Cristo), che si aggiunge a quello argomentato sull'occhio sinistro leso di Horus, che aspetta di essere risolto, ma come? Ricorrendo ancora ad un altro eventuale insieme degli insiemi, ossia di quelli del paganesimo e cristianesimo con tanti altri insiemi comprendenti religioni, ideologie ed altro relativi ai due suddetti insiemi?
Forse, ora sto andando troppo veloce, facendo balenare cose che non è dato ancora di capire, essendo racchiuse nel mistero del futuro. Tuttavia non possiamo evitare di riflettere sull'oggi in cui tutto è dato di sentire, capire e parlare, come se effettivamente, sia sopraggiunto dal quel “cielo”, immaginiamo anche di Horus, il giusto “abbrivio” per vederci in modo meno offuscato di ieri. Resta solo la cosa che conta però, il senso unitario per unire, per affratellare, non solo col cuore ma anche con la mente.

Sembra inverosimile, vero? Però se indaghiamo sulla “culla” di questa mia supposta incredibile profezia, ovvero il popolo egizio, non ci meraviglieremo che ciò sia possibile.
L'avanzata civiltà degli antichi egizi, ed in particolare la loro concezione di solidarietà verso gli umili e i poveri, è tale da costituire la ragione ultima di una modernità che li rende assolutamente immortali. Alla luce di ciò, viene forte l'idea di considerare l'antica civiltà egizia precorritrice del Cristianesimo. Non è a caso quindi il prepararsi nel tempo del popolo ebraico (attraverso Mosè, un ebreo emblematicamente allevato e preparato culturalmente alla corte reale egizia) presso gli antichi egizi, se pure in stato di schiavitù.

Cari saluti,
Gaetano

Ancora Grazie Gaetano!

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