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giovedì 30 aprile 2009

Buon compleanno, Gauss!

Stavolta il mio amico Paolo ci fa un regalo direi ... ad hoc!
Possiamo festeggiare con il suo articolo il 232esimo anniversario della nascita di uno tra i più importanti matematici della storia:
____________Carl Friedrich Gauss
(Brunswick, 30 aprile 1777 – Gottinga, 23 febbraio 1855)

Eclettico matematico, fisico, astronomo e geodeta tedesco, è considerato uno dei più grandi geni scientifici di tutti i tempi.
Nato da genitori di modeste condizioni, fin da giovanissimo dimostrò un'eccezionale capacità aritmetica. Già a soli tre anni era in grado di leggere e scrivere qualcosa. Fra i vari aneddoti che lo riguardano, si racconta che all'età di 10 anni avrebbe risolto in pochi minuti il problema di trovare la somma dei numeri interi da 1 a 100, scoprendo di fatto la formula per calcolare la somma di un numero finito di termini di una progressione aritmetica: $S_{n}= \frac{ a_{1}+a_{n} }{ 2} *n$
( sul blog: QUI e QUI)
Di fronte a tanta perspicacia, il suo professore lo raccomandò al duca di Brunswick il quale gli concesse protezione ed aiuto economico, consentendogli di portare a termine gli studi secondari e quelli universitari.
L'investimento del duca produsse frutti fecondi, tanto che già nel 1799, a soli 22 anni, Gauss pubblicò la sua prima opera sul Teorema fondamentale dell'algebra o teorema di d'Alembert, consistente in una rigorosa dimostrazione che ogni equazione algebrica ha almeno una radice.
Due anni dopo (1801), ritornato a Brunswick, pubblicò l'opera monumentale della sua giovinezza: le Disquisitiones aritmeticae, il primo trattato moderno ed uno dei contributi più importanti sulla teoria dei numeri, che gli procurò di colpo un posto eminente nel mondo scientifico.
In quest'opera Gauss trattò alcuni concetti fondamentali della matematica, fra i quali la "teoria dei numeri complessi" (o immaginari), la "teoria delle congruenze" (vedi i numeri dell'orologio) ed una dimostrazione della "legge di reciprocità dei residui quadratici".
La teoria delle congruenze poteva, e può tuttora, essere applicata a molteplici campi; in termini "moderni", l'esempio dei "numeri dell'orologio" valga per tutti.
La congruenza è una relazione di equivalenza tra numeri, l'esempio dell'orologio è senz'altro significativo [è l'aritmetica modulare, quella che abbiamo chiamato proprio dell'orologio]
Gauss, tra il 1801 e il 1806 applicò il metodo dei minimi quadrati, da lui ideato quando aveva appena 17 anni, al calcolo delle orbite di piccoli pianeti appena allora scoperti (Cerere, Pallade, Giunone) ed allo studio di comete apparse in quegli anni. Quando gli fu chiesto come avesse fatto ad effettuare i calcoli con tale precisione, egli rispose che aveva usato i logaritmi; allora il suo interlocutore obiettò che non esistevano tavole di logaritmi così grandi, egli ribatté che li aveva calcolati mentalmente!
I suoi studi astronomici gli valsero la nomina a direttore dell'osservatorio di Gottinga ed a professore di astronomia in quella Università (1807), cariche che ricoprì fino alla morte.
Questa passione lo pervase negli anni successivi, durante i quali pubblicò varie opere: nel 1809 il grande trattato Theoria motus corporum coelestium in sectionibus conicis solem ambientium e nel 1813 la Memoria sulle perturbazioni secolari dei pianeti, contenente, quest'ultima, una teoria completa del moto dei corpi del sistema solare.

Gauss era un calcolatore prodigioso, tanto che, si dice, si divertiva a trovare mentalmente i numeri primi in un intervallo di mille numeri e in tempi brevissimi, cosa che, ad un "normale" matematico, richiedeva alcune ore di lavoro.

Applicò le sue teorie matematiche anche alla statistica; in questo campo il suo lavoro più importante fu la scoperta della variabile casuale normale espressa nella cosiddetta curva gaussiana. Essa, presa una serie di misurazioni, descrive il comportamento e l'entità degli errori di misurazione. La variabile normale è sicuramente una delle più importanti variabili casuali, ed è estremamente diffusa in statistica.

Per molti anni, servendosi di nuovi ingegnosi strumenti di misurazione (eliotropio) ed applicando le teorie matematiche che aveva personalmente sviluppato (fra i quali il metodo dei minimi quadrati), si occupò di misurazioni geodetiche (misura del grado del meridiano danese, misura dell'arco di meridiano tra Gottinga e Altona).
Anche in questa attività si rivelò geniale in quanto elaborò nuove teorie sulla rappresentazione cartografica in piano di superfici curve, nel 1822 la teoria della rappresentazione conforme delle superfici (delle rappresentazioni cioè che non alterano gli angoli) e, nel 1828, quella della geometria intrinseca (le superfici sono veli sottilissimi, che si possono curvare e deformare a piacere senza però deformarsi) che prese il nome di curvatura totale o di Gauss (Disquisitiones generales circa superficies curvas).
Non pago di tanto ingegno, in seguito (1830) si occupò di ricerche nei campi della meccanica (Principia generalia theoriae figurae fiuidorum in statu aequilibri) e del magnetismo terrestre; questi studi furono condotti in collaborazione con il fisico tedesco W.Weber e portarono alla formulazione di nuove leggi sull'elettricità e sull'elettromagnetismo, insieme costruirono anche un primitivo telegrafo elettromagnetico. Fu proprio grazie a questi studi che, più tardi (1836) il fisico tedesco C.A.Steinheil ed il fisico italiano C.Matteucci poterono sviluppare e realizzare il telegrafo che tutti conosciamo.
Fondò un osservatorio magnetico (1833), in cui ebbe parte attiva nelle misurazioni inerenti alla declinazione magnetica. È del 1836 la memoria Erdmagnetismus und Magnetometer, del 1837 l'invenzione di un magnetometro bifilare, del 1839 la memoria Allgemeine Theorie des Erdmagnetismus.
A questo proposito pubblicò un atlante sul magnetismo terrestre quasi a coronamento di così lunga e appassionata attività, i teoremi generali relativi alle azioni fra poli magnetici, tra i quali le proposizioni fondamentali della teoria del potenziale, legati al suo nome.
Si vedano qui alcune curiose applicazioni delle teorie di Gauss sul magnetismo.
Si occupò anche di diottrica, progettando un doppio obiettivo acromatico, ideando e facendo realizzare particolari tipi di oculari e pubblicando (1840) le Dioptrische Untersuchungen, ove sono raccolti i risultati da lui ottenuti in questo campo.

Gauss era profondamente convinto che fosse meglio puntare sulla qualità piuttosto che sulla quantità, inoltre, temeva le «stridi dei beoti » (come egli scrisse in una lettera al matematico ed astronomo tedesco F. W. Bessel), cioè le critiche degli avversari filosofi e dei sostenitori della cultura tradizionale, di conseguenza rinunciò in vita a divulgare alcune sue intuizioni perché ritenute incomplete. Alcuni esempi emersi dai sui taccuini trattano di variabili complesse, di geometrie non euclidee, fondamenti matematici della fisica e altro ancora.... Tutte cose affrontate dai matematici dei secoli successivi.

Egli ebbe anche l'idea di applicare il suo ingegno all'economia, questa volta non per soli e nobili fini scientifici bensì personali. Infatti, si dedicò ad uno studio accurato dei mercati finanziari guadagnando, si dice, una fortuna personale considerevole.
Morì a Gottinga nel 1855 non prima di aver passato il testimone ad un suo geniale allievo: Georg Bernhard Riemann.
Gauss ha lasciato un'impronta indelebile nel pensiero scientifico, molte sue intuizioni sono tuttora il fondamento di moderne teorie.
La sua grandezza è stata ricordata ed immortalata in alcuni simboli del vivere comune.
Nelle banconote da 10 marchi tedeschi:

In diverse emissioni di francobolli:



Conclusioni.
Si ricordano alcuni dei numerosi risultati che portano il nome di Gauss.
Approssimazioni (o condizioni, o limitazioni) di Gauss - Nell'ottica geometrica, sono le condizioni cui deve obbedire un sistema ottico centrato perché esso risulti stigmatico e ortoscopico.
Curva di Gauss (o anche curva degli errori, degli errori accidentali, o delle probabilità).
Indicatore di Gauss (o di Eulero-G.) - La funzioni aritmetica ɸ(n).
Integrale di Gauss - Portano questo nome due integrali di natura diversa.
Interi di Gauss - Sono i numeri complessi a + ib, con la parte reale a e il coefficiente dell'immaginario, b, interi. Insieme di numeri che gode delle proprietà formali dell'insieme dei numeri interi.
Lemma di Gauss (detto anche lemma di Green). - Nel calcolo integrale, formula di corrente impiego per la trasformazione di un integrale, esteso ad una superficie piana σ, in un integrale esteso al suo contorno s.
Metodo di misurazione di Gauss - II metodo ottico di misurazione «del cannocchiale e scala», detto comunemente di Poggendorff, è detto da taluni di Gauss,
Metodo di Gauss della doppia pesata- Bilance per la misurazione di masse e di pesi.
Metodo magnetometrico di Gauss - Realizzato da Gauss e poi perfezionato da J. Lamont, ma proposto da S.D.Poisson, per la misurazione assoluta, mediante il magnetometro ad ago, della componente orizzontale dell'intensità del campo magnetico terrestre.
Costruibilità di poligoni regolari con riga e compasso - G. dimostrò che un poligono regolare con n lati si può costruire con la riga e il compasso se, e soltanto se, n è della forma: n=2^k con k intero qualsiasi maggiore di 1 oppure n=2^k*p1*p2*... pn con k intero qualsiasi maggiore o uguale a zero e p1, p2... numeri primi di Fermat.
Principio di Gauss del minimo sforzo (o della minima costrizione vincolare) - Uno dei principi variazionali della meccanica.
Principio della media di Gauss- Il valore più probabile di una grandezza è la media aritmetica dei valori ottenuti in più misurazioni.
Sistema di misure di Gauss- Sistema di unità di misura per le unità elettrostatiche e per quelle magnetiche, la cui introduzione si può considerare dovuta a G. e a W. Weber.
Teorema di Gauss - Uno dei teoremi fondamentali nella teoria dei campi vettoriali.
Grazie Pa'!
Paolo, impossibile non aggiungere un link: Carl Friederich Gauss Facts . Da non perdere!:-)

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domenica 5 aprile 2009

[Contributi] Archimede. Opere e invenzioni

Ho accennato di recente al matematico, astronomo, fisico, inventore... Archimede (e devo ancora raccontarvi di un'altra sua curva celebre, l'Arbelo di Archimede, la prima figura che prende il nome da oggetti di uso quotidiano, in particolare da attrezzi da lavoro... vi mostrerò la costruzione e vi dirò il significato del termine).
Ho detto di avere in mente un post sul personaggio ed ecco che ...
il mio caro amico Paolo ci fa ancora un regalo! :-)

I grandi matematici nella Storia
Archimede di Siracusa
(Siracusa, 287 – 212 a.C.)
La Vita
Matematico e fisico siracusano, figlio di un astronomo di nome Fidia, è stato uno dei più grandi matematici dell'antichità.
La sua fama è legata soprattutto alle sue scoperte nel campo della geometria e dell'idrostatica, cioè allo studio dell'equilibrio dei fluidi.
In meccanica creò la vite senza fine, la carrucola mobile, le ruote dentate, perfezionò le tecniche applicate alle leve (è suo il detto "Datemi un punto d'appoggio e solleverò il mondo").

Non si hanno molte notizie sulla sua vita. Si sa che nacque a Siracusa nel 287 a.C., da giovane viaggiò molto in Grecia, in Asia Minore e in Egitto, dove sostò ad Alessandria approfondendo i suoi studi con i seguaci di Euclide. Qui conobbe Eratostene di Cirene, grande matematico, astronomo, geografo e custode della famosa Biblioteca distrutta da un incendio intorno al 270 a.C., con il quale ebbe proficui scambi intellettuali e scientifici.
Sembra risalga a questo periodo l'invenzione della coclea (non l'organo dell'orecchio interno ...), meglio nota come “vite di Archimede”, che permetteva di sollevare l'acqua da un livello più basso ad uno più alto. (a sinistra l'immagine: Studio della coclea - L.Da Vinci)
Tornò quindi a Siracusa dove visse per il resto della
sua vita e dove pubblicò la maggior parte delle proprie opere.
Fu amico di Gerone II (o Ierone), tiranno di Siracusa e suo protettore, sotto il cui regno sviluppò i suoi studi approfittando di un lungo periodo di pace durato 50 anni (enorme per quei tempi!) grazie ad un trattato di pace stipulato con i Romani, allora impegnati nelle guerre puniche contro Cartagine.
Alla morte di Gerone II (216 a.C.), gli successe il nipote Geronimo; questi ruppe il trattato con i Romani che, per ritorsione, presero d'assedio la città al comando del console Marco Claudio Marcello.
Grazie alle possenti fortificazioni ed all'ingegno di Archimede la città resistette validamente all'assalto dei nemici.
In tale frangente perfezionò e inventò nuove macchine da guerra come la balista che, simile ad una balestra, ma di grosse dimensioni, lanciava grosse lance appuntite. La catapulta che lanciava enormi pietre e altro materiale con la tensione di un braccio in trazione. Lo
scorpione una specie di balestra a mitraglia. Il corvo una macchina composta da una trave mobile appesa ad un castello con la quale tirava a sé le macchine nemiche. Le mani di ferro, artigli che venivano lanciati con un lungo braccio mobile contro le navi nemiche per poi rovesciarle.
Lo storico Cassio Dione Cocceiano, nel suo XV Libro della Storia Romana, racconta dell'invenzione degli specchi ustori; specchi in bronzo che concentrando la luce del sole sulle navi nemiche ne provocavano l'incendio. Sembra che recenti tentativi di replicare il congegno abbiano confermato la sua validità.
La città, dopo due anni di strenua difesa ed a causa del tradimento di alcuni concittadini che vedevano di buon occhio l'avvento della dominazione romana, venne espugnata e saccheggiata (sacco di Siracusa).
In quella circostanza Archimede trovò la morte per mano di un soldato romano che, nonostante gli ordini del console che voleva risparmiarlo per sfruttarne l'ingegno, non l'aveva riconosciuto.
Venne sepolto a Siracusa. (a sinistra, presunta tomba di Archimede a Siracusa)
Sulla sua tomba, secondo i suoi desideri, il Console Marcello fece scolpire una sfera e un cilindro. La tomba, andata perduta, fu ritrovata nel 75 a.C. da Cicerone; oggi non se ne conosce con certezza l'ubicazione.


Aneddotica

Su Archimede si riportano numerosi aneddoti, a noi tramandati dagli storici dell'epoca, volti a sottolinearne non solo l'acume, ma anche lo spirito a volte bizzarro.
Si dice che fosse trascurato nella persona e molto distratto e che, a volte, dimenticasse persino di mangiare. Quando si concentrava su di un problema, non avendo altro su cui scrivere, con la punta del dito unto d'olio si scriveva sul corpo gli appunti.
Una delle sue più importanti scoperte, quella del principio dell'idrostatica, universalmente noto come principio di Archimede, secondo il quale "Ogni corpo immerso in un liquido è sottoposto a una spinta verticale diretta dal basso verso l'alto uguale, come intensità, al peso del liquido spostato", fu intuita mentre era immerso nella vasca da bagno. Si accorse infatti che il suo corpo nell'acqua veniva spinto verso l'alto. I cronisti dell'epoca riportano che, preso da improvviso entusiasmo, uscì nudo di casa e corse per le vie di Siracusa, tra gli sguardi attoniti dei suoi concittadini, gridando "Eureka! Eureka!" (Ho trovato! Ho trovato!).
Si racconta anche che Gerone, re di Siracusa, nutrendo forti sospetti a carico dell'orefice che gli aveva manufatto la corona, sospettando infatti che al posto dell'oro massiccio avesse usato una lega d'oro e d'argento, affidasse ad Archimede l'incarico di scoprire la frode senza rovinare la corona. Questi, in base al principio da lui enunciato che un corpo immerso in un liquido sposta tanta acqua quanto il peso del suo volume, prese una massa d’oro dello stesso peso della corona e la immerse in un recipiente colmo d’acqua, fece la stessa cosa con una massa d'argento, raccogliendo poi l’acqua versata. Poiché, a parità di peso, il volume dell’oro e dell’argento sono differenti avendo diverso peso specifico, la quantità di acqua spostata e quindi versata risultò differente, sicché fu facile smascherare il furfante.
La sua distrazione ne causò la morte. Durante il sacco di Siracusa il console Marcello, comandante delle truppe romane e grande ammiratore del genio di Archimede, aveva dato ordine che gli venisse risparmiata la vita. Nella circostanza, Archimede, incurante di ciò che stava succedendo intorno a lui e profondamente immerso nei suoi studi, fu avvicinato da un soldato romano che gli chiese chi egli fosse. Distolto dai suoi pensieri, Archimede gli rispose seccato: Noli me tangere! (Non toccarmi!), allora il soldato, irritato, non avendolo riconosciuto, lo uccise.
Opere
Sull’equilibrio dei piani, opera divisa in due libri: il primo comprende studi sulla leva e una serie di considerazioni sulle figure rettilinee e sui centri di gravità del triangolo e del trapezio.
Il secondo libro si focalizza sul baricentro di una parabola usando il metodo di esaustione. Quest'ultimo permette di calcolare o verificare il valore di una grandezza con approssimazioni sempre minori man mano che si procede con il metodo.
Una sua applicazione è il calcolo dell’area di una superficie curva. Utilizzando una quantità sempre maggiore di rettangoli o parallelogrammi è possibile, all’aumentare della quantità, ottenere una misura sempre più precisa dell’area.
Questo metodo è alla base del calcolo delle derivate, dei limiti e della matematica infinitesimale scoperta nel '600 da Newton.

Intorno alle cose che stanno sull’acqua, opera divisa in due libri, la cui prima parte pare abbia come riferimento la vicenda della corona del re Gerone alla quale fece seguire le varie scoperte nell’idrostatica.
Nella seconda parte del libro Archimede accresce la difficoltà dei calcoli supponendo la superficie di un liquido non piana ma sferica.
Il trattato divenne famoso tanto da indurre Galileo Galilei a scrivere il suo Discorso intorno alle cose che stanno in su l’acqua dove prendeva le difese di Archimede contro gli attacchi di un aristotelico del suo tempo.
Sui galleggianti, opera divisa in due libri contenente il famoso principio di Archimede.
Sulla misura del cerchio, piccolo trattato legato a quello della sfera e del cilindro, in cui si parla dei rapporti tra cerchi e triangoli, del rapporto tra il cerchio e il suo diametro esprimendo il valore del π con una precisione migliore di quella ottenuta dai matematici egiziani e babilonesi.
“La circonferenza è uguale al triplo del diametro più una certa porzione del diametro stesso più piccola dei 10/70 e più grande dei 10/71 del diametro stesso”, quindi 3,1416.
Il procedimento usato, un pò come il metodo di esaustione, fa sì che all’aumentare del numero dei lati dei poligoni lo scarto di precisione della misura aumenti.

Sulle spirali, si commentano gli studi sulle spirali, una figura scoperta da Archimede e studiata da lui nel dettaglio.
Quadratura della parabola, primo esempio di quadratura di una curva dopo quella del cerchio usando sempre il metodo di esaustione.
Sui conoidi e sferoidi, libro in cui si parla dei conoidi e degli sferoidi ottenuti dalla rotazione di ellissi, parabole e iperbole. Le loro proprietà sono simili a quelle del cono e della sfera pertanto il trattato parla proprio di queste figure, descrivendone i rapporti.
Sulla sfera e sul cilindro, opera in due libri ove si trattano i rapporti tra i volumi del cilindro e della sfera.
La geometria antica fino a Euclide restringeva le proprie conoscenze alle proprietà delle figure piane: si conosceva come misurare la superficie di un triangolo, di un parallelogramma, di un trapezio, ma si ignorava la misura della circonferenza di un cerchio.
Stessa situazione per i solidi, si sapeva misurare il volume di un prisma, di una piramide, ma si ignorava il rapporto per determinare il volume di una sfera, di un cilindro e di un cono.
Archimede, per primo, risolse il problema della misurazione delle geometrie curve ottenendo la superficie ed il volume di un cilindro, di un cono e di una sfera. Inoltre trovò il rapporto tra una sfera e un cilindro inscritto.

L’arenario ovvero il contatore dei granelli di sabbia, opera nella quale Archimede si propone di contare il numero dei granelli di sabbia che riempirebbero una sfera avente per centro il Sole e giungente fino alle stelle fisse. L’opera è dedicata a Gelone figlio del re Gerone II, ecco l’incipit: “Ci sono alcuni, o re Gelone, che ritengono i granelli di sabbia essere una moltitudine infinita…”. Con quest'opera Archimede tentò per primo di determinare il diametro del disco solare riuscendovi con buona approssimazione.

Il libro dei lemmi, è un altro libro che rientra nel campo della matematica e della geometria. Il testo non è pervenuto originale ma attraverso una traduzione araba che ne ha alterato sicuramente la genuinità. Il lemma è una proposizione preparatoria destinata a provarne un’altra, che abbia relazione diretta col soggetto trattato.

Il metodo, opera per certi versi curiosa scoperta solamente nel 1906 da J. L. Heiberg in un manoscritto di Costantinopoli del sec. 10° conosciuto come il Palinsesto di Archimede, oggi custodito presso il Walters Art Museum di Baltimora. In essa Archimede descrive il metodo d’indagine preliminare che lo conduceva alle principali scoperte matematiche. Il metodo considerava superfici e volumi come una sommatoria infinita di elementi sottili con un loro peso e un baricentro. Di conseguenza riuscì a intuire e poi a dimostrare diverse relazioni esistenti tra figure geometriche immaginando di pesare i singoli elementi con una bilancia.
Si sa che Archimede scrisse altre opere andate perdute, un trattato sui poliedri semiregolari, sulla costruzione delle sfere, sulle bilance e sulle leve, una sugli specchi e uno su di un sistema numerico.
Altre invenzioni
La famosa frase “Datemi un punto d’appoggio e vi solleverò il mondo”, attribuita allo scienziato siracusano, introduce l’argomento della leva. In base a tale principio realizzò celebri macchine ad uso civile e da guerra che ebbero grande utilità pratica.
Costruì carrucole, leve e piani inclinati che ebbero applicazione pratica nel varo di grandi imbarcazioni nei cantieri navali siracusani. Questi mezzi riuscivano a sollevare grandi pesi col minimo sforzo.
Erone di Alessandria, inventore della prima macchina a vapore, descrive in una delle sue opere un'ingegnosa macchina per sollevare enormi pesi inventata da Archimede chiamata Elice.
Consisteva in un meccanismo composto di leve e ruote dentate mosse da una vite senza fine; gli ingranaggi accoppiati alla vite demoltiplicavano lo sforzo applicato tramite la rotazione di una manovella.
Si dice che Archimede facesse varare una grossa nave e, dopo averla imbrigliata, l’avesse tirata in secco con l’uso esclusivo della forza delle sue braccia, fra lo stupore dei presenti e del re.

Galeno di Pergamo, gli attribuisce l’invenzione del Divulsile, strumento per raddrizzare le ossa slogate.

Cicerone parla di una macchina circolare con la quale rappresentava i movimenti del Sole, dei pianeti e della Luna, nonché delle sue fasi e delle eclissi.

Infine si parla di un planetario in cui Archimede aveva rappresentato la posizione delle costellazioni del cielo. Sembra che lo stesso Archimede ritenesse i suoi planetari come la migliore delle sue realizzazioni. Ecco cosa dice Cicerone: «Colui che col suo genio ha concepito tutti i movimenti dei corpi celesti …………………….. rappresentando in una sfera il corso della luna, del sole e dei cinque pianeti ha fatto quello che fece il dio di Platone ……………………... Se la sola potenza di un dio può eseguire questi movimenti nel mondo, Archimede li ha potuto imitare in una sfera perché dotato di genio divino»
Sembra inoltre che egli abbia costruito una meridiana all’interno del tempio di Atena (l’odierna cattedrale di Siracusa) dove stabilì la misura dell’equinozio.
Tra le altre realizzazioni di Archimede si ricordano la bilancia idrostatica, l’organo idraulico, una macchina in grado di comprimere l’aria e farla uscire a pressione,
e lo stomachion una sorta di gioco geometrico in cui si utilizzano delle figure geometriche piane per rappresentare le sagome di esseri umani, animali ed oggetti.
Bibliografia: La Treccani – Dizionario Enciclopedico, Istituto della Enciclopedia Italiana
Internet: http://it.wikipedia.org/wiki/Pagina_principale http://snurl.com/f658g
http://snurl.com/f5k7q

Che dire, Paolo?
Un lavorone, davvero non avrei fatto tanto.
Grazie ancora una volta!


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venerdì 24 ottobre 2008

[Contributi] Zenone di Elea ed i suoi "Paradossi"

Questo articolo è ancora un regalo del mio amico Paolo, amico del nostro blog!:-)

Importante filosofo greco del V secolo a.C., discepolo di Parmenide, fu uno dei principali rappresentanti della "Scuola Eleatica".
Poco è noto della sua vita, salvo la tragica fine in cui sarebbe incorso per avere cospirato contro un tiranno che gli diede la morte fra atroci tormenti.
Il suo pensiero, di cui non si conservano testimonianze scritte, è giunto sino a noi grazie al Parmenide platonico in cui Platone, appunto, parla di uno scritto composto da Zenone per difendere le tesi del suo maestro Parmenide dagli attacchi di coloro che le avversavano.
Per questo aspetto Aristotele imputò a Zenone l'invenzione della Dialettica, intesa come tecnica della discussione a partire dalle premesse dell'avversario.
Per confutare gli attacchi mossi al suo maestro, Zenone ricorse a questa tecnica basata sulla dimostrazione per assurdo, cioè sulla possibilità di ricavare dalla stessa premessa due conclusioni tra loro contraddittorie, affermando, di conseguenza, l'incongruenza della premessa stessa.
Le sue argomentazioni principali furono rivolte alla confutazione dei concetti di molteplicità e di movimento.
Particolarmente interessanti furono quelle che riguardavano il movimento; egli, infatti, soffermò la sua attenzione su molti fenomeni fisici ricavandone più di quaranta Paradossi, intesi questi come contraddizione logica contenuta nella stessa argomentazione.
Fra i più noti ricordiamo quello sulla Dicotomia (basato sulla progressiva bipartizione delle distanze), su Achille e la tartaruga (ovvero sull'impossibilità di congiungersi di due corpi in movimento), sulla Freccia (impossibilità del moto). Per brevità e facilità di comprensione tralasciamo gli altri.
Paradosso della Dicotomia o del Regresso all'infinito
Con questo paradosso Zenone voleva dimostrare l’impossibilità sia di partire sia di arrivare. Egli affermava che per percorrere lo spazio intercorrente tra due punti A e B di lunghezza determinata, sarebbe stato prima necessario raggiungere il punto medio C fra di essi. Analogamente, tra C e B, si sarebbe dovuto prima raggiungere il punto D, a metà tra i due e ad ¼ da B nei confronti di A. Di questo passo il punto B non si sarebbe mai raggiunto.

Paradosso di Achille e la tartaruga

In questo caso, simile al precedente, egli sosteneva che due corpi in movimento nella stessa direzione, anche se il primo più veloce del secondo, non si sarebbero mai congiunti.
Per questa dimostrazione Zenone usò un esempio singolare, prese infatti come protagonisti il "piè veloce" Achille e la lenta tartaruga.
Immaginò che Achille si impegnasse in una gara di velocità ad handicap con una tartaruga.
Achille sarebbe partito da un punto A mentre la tartaruga da un punto B in vantaggio iniziale rispetto ad A; pur muovendosi con una velocità maggiore di quella della tartaruga, Achille non l'avrebbe mai raggiunta.
Supponendo, infatti, che il segmento AB fosse il vantaggio della tartaruga su Achille, questi avrebbe dovuto giungere in B per raggiungerla. Nel frattempo però la tartaruga sarebbe passata in C e quando Achille fosse giunto in C, essa sarebbe già passata in D e così via, per spazi infinitamente più piccoli, senza mai raggiungerla.

Nota: Se siete curiosi di sapere come andarono le cose tra Achille e la tartaruga, leggete questo post :-)

Paradosso della Freccia
Con questo argomento Zenone voleva dimostrare che il movimento non esiste prendendo come esempio proprio un corpo in movimento.
In pratica, sosteneva che una freccia lanciata nello spazio era in realtà ferma.
Egli argomentava, infatti, che in ciascuno degli istanti in cui fosse stato divisibile il tempo del volo, la freccia avrebbe occupato uno spazio identico alla propria lunghezza, e così per tutto il tempo del moto.
Poiché ciò che occupa uno spazio identico è in riposo, ed essendo la freccia in riposo in ciascuno degli istanti, lo sarebbe stato anche nella totalità degli istanti stessi.

Confutazione dei paradossi del moto
In alcuni dei suoi paradossi, in particolare nei primi due citati, Zenone assumeva implicitamente che data una serie infinita di dati doveva necessariamente essere infinita anche la loro somma.
L'affermazione, in realtà, aveva un suo costrutto che, con le conoscenze matematiche del tempo non poteva essere confutata "matematicamente" ma solo logicamente.
Infatti per spiegare il fenomeno occorre ricorrere al concetto di "convergenza delle serie numeriche non geometriche" che venne sviluppato per la prima volta solo nel XIV secolo dal matematico Richard Suiseth.
Il ragionamento di quest'ultimo era lungo e complicato, a noi basta estrapolare la conclusione: una somma di infiniti termini non è necessariamente infinita, ma ad essa può corrispondere anche un valore finito.
Da un punto di vista logico, i primi due paradossi sono di semplice soluzione in quanto sappiamo che le distanze possono essere coperte e superate.
Per esempio, nel paradosso di Achille e la Tartaruga, peraltro analogo al precedente degli spazi, "sappiamo logicamente" che Achille può raggiungere e superare la tartaruga; è sufficiente immaginarci la scena: chi corre più forte raggiunge e sopravanza chi è più lento.
Al riguardo, per quanto banale, possiamo anche chiedere un piccolo aiuto ad Excel.
Immaginiamo di porre in colonna A i tempi in secondi, in B gli spazi percorsi da Achille nei tempi relativi ed in colonna C quelli della tartaruga comprensivi del margine di vantaggio iniziale.
Come si può facilmente osservare, al tempo 0.00.00 Achille è a 0 mt mentre la tartaruga è a 100 mt dalla linea di partenza. Ogni secondo Achille avanza di 10 mt mentre la tartaruga di 10 cm = 0,1 mt.
Ai 10 secondi Achille ha raggiunto i 100 mt. che erano il vantaggio iniziale della tartaruga (non si può certo dire che il nostro Achille fosse un primatista mondiale di velocità, alle ultime Olimpiadi di Pechino il giamaicano Usain Bolt ha corso i 100 mt. in 9,69"!), nel contempo la tartaruga è arrivata a 101 mt. (per contro la nostra tartaruga è un mostro di velocità!).
Però già all' 11° secondo Achille ha sopravanzato la tartaruga di 9 mt.
Fenomeno che possiamo vedere anche graficamente:

Il paradosso della Freccia venne confutato matematicamente solo alla fine del XIX secolo, quando venne sviluppata la teoria dei numeri reali in base alla quale da un lato si affermava che lo spazio e il tempo erano infinitamente divisibili, dall'altro che l'insieme dei suoi elementi si poteva invece misurare (cardinalità illimitata).
A proposito di quest'ultimo paradosso, si racconta che un giorno il filosofo Antistene "il cinico", che non poteva soffrire Zenone proprio per via dei paradossi, andò a trovarlo per discutere appunto delle sue assurde teorie. Però, non riuscendo a controbattere Zenone sul paradosso della freccia, cominciò a camminare nervosamente su e giù, tanto che Zenone, spazientito, esclamò:
- Ma vuoi stare fermo un momento!
- Ah! Allora ammetti che mi muovo? - rispose Antistene.

Effetto Zenone quantistico
Oggi possiamo affermare che, nonostante l'apparente assurdità dei paradossi di Zenone, questi sono stati utili per sviluppare molti concetti alla base della matematica e della fisica moderne, per questo non si dovrebbe liquidarli banalmente.
Persino nella meccanica quantistica riecheggia il nome di Zenone nel cosiddetto "effetto Zenone quantistico".
Riprendendo metaforicamente il paradosso della freccia, si afferma che un sistema, che decadrebbe spontaneamente, è inibito o addirittura non decade affatto se sottoposto ad una serie infinita di osservazioni (o misure).
E bravo Zenone!!
Grazie Paolo!

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martedì 21 ottobre 2008

Uniti per sempre. Il re dei numeri....

UNITI PER SEMPRE
Lui. Mi hanno assegnato il numero di Erdös 12!

Lei.
Che cos’è un numero di Erdös?

Lui. Paul Erdös è uno dei grandi matematici del XX secolo. È morto nel 1996 al termine di una intensissima produzione scientifica. Ed era convinto della bontà del lavoro collaborativo in matematica. Tant’è che degli oltre 1500 articoli che recano la sua firma, un’alta percentuale sono stati scritti assieme a qualche collega. Ora, si è stabilito che Erdös abbia il numero di Erdös zero. Gli oltre 500 colleghi che hanno firmato un articolo insieme ad Erdös hanno il numero 1. Se hai scritto un articolo con uno di loro (ma non direttamente con Erdös) ti assegnano il numero 2. E così via. Io ho scritto un articolo con un filosofo che aveva scritto un articolo con un fisico che aveva scritto... e così via fino a Erdös, in 12 passaggi. E così ho il numero 12.

Lei. (Con un velo di ironia) Non è un numero un po’ alto per essere tanto soddisfatti?

Lui. Certo, mi piacerebbe avere un numero più basso. (Einstein aveva il numero 2; Fermi il 3.) Ma per uno storico dell’arte come me non è male. Soprattutto, pensa al fatto che in questo modo permetterò ai miei coautori di avere come massimo il numero di Erdös 13...
È un modo di trasmettere la passione per la conoscenza.

Lei. Il numero di Erdös cresce con il tempo, ma mi stupisce che sia così alto. Dopotutto, non vale il principio dei sei gradi di separazione.

Lui. Che cos’è un grado di separazione?
Il dialogo, tra il serio e lo scherzoso (nella forma), prosegue sui gradi di separazione.
Da La Stampa, 9 maggio 2002
di Luciano Coen e Achille C. Varzi
Questo per parlarvi di
Paul Erdös
un matematico praticamente da sempre.

Maurizio? eccolo!:-)
Erdös incarna alla perfezione lo stereotipo del matematico stravagante, geniale, solo e un po' matto e offre lo spunto per parlare di matematica e incuriosire con le sue storie.
Si ritiene sia stato il secondo matematico più prolifico di tutti i tempi, superato soltanto da Leonhard Euler (Eulero), ha dimostrato un'innumerevole quantità di teoremi o ha risolto e lasciato da risolvere un altrettanto grande numero di problemi (circa 1500 articoli pubblicati, 50 o più inediti dopo la sua morte).
Come il più tipico dei bambini prodigio, a tre anni poteva calcolare a memoria moltiplicazioni a più cifre, a quattro aveva chiaro il concetto di numero negativo, poi imparò tutto il possibile sui numeri.
Ma ciò che rende Erdös assolutamente unico è la sua bizzarra esistenza.
Senza una casa, senza una cattedra universitaria o un posto da ricercatore, senza una famiglia (se si esclude la madre), Erdös ha vissuto per più di 60 anni in giro con due valigie, presso case di amici matematici o alberghi e un solo scopo nella vita: ["fare matematica:dimostrare e congetturare"]
"Poteva accadere ad ogni ora del giorno o della notte. Alla porta di alcuni dei più importanti matematici del secolo si presentava un uomo di bassa statura, con la barba lunga e un vecchio paio di occhiali dalla spessa montatura nera. La frase con cui chiedeva ospitalità era sempre la stessa: «Il mio cervello è aperto». A risolvere i calcoli più' ardui e a spiegare le congetture più' complesse.
Il visitatore inatteso, ma sempre gradito, era Paul
Erdös, uno dei piu' eccentrici matematici del Novecento. Ebreo ungherese, membro della scuola di John von Neumann ed Edward Teller.
Erdös, che a 17 anni era già considerato un prodigio, arrivò in America nel 1938, ma fu costretto ad andarsene in seguito alle persecuzioni maccartiste. Da allora iniziarono le sue incessanti peregrinazioni per il mondo.
La sua fertilissima attività di esploratore alla scoperta di terre sconosciute nel pianeta dei numeri e la sua crescente estraniazione dalla realtà, dai rapporti umani, dalle relazioni affettive, lo portarono a condurre un'esistenza estremamente bizzarra: usava un proprio personalissimo vocabolario (epsilon stava per bambino, Sommo Fascista per Dio etc.)
Nessun «buon giorno» o «Come va?» era previsto nel suo vocabolario, bastava un «Sia n un numero intero positivo, data la funzione f(x)…».
Non aveva una casa propria, non mostrava il minimo interesse per il cibo, il sesso, il denaro, la compagnia, l'arte. Tutto ciò di cui aveva bisogno era contenuto in due logore valigie, per lo più zeppe di appunti, che lo accompagnarono per 60 anni a un ritmo frenetico attraverso 4 continenti alla caccia di problemi e talenti matematici.
In questo secolo per trovare un'altra vita così intensamente dedita all'astrazione bisogna risalire a Ludwig Wittgenstein(1889-1951), che si spogliò di tutto per la filosofia. Ma mentre Wittgenstein rinunciò alla fortuna di famiglia in una forma di auto tortura,
Erdös dava via la maggior parte del denaro che guadagnava semplicemente perché non ne aveva bisogno.["La proprietà è un fastidio"]
E mentre Wittgenstein era dominato da impulsi quasi suicidi,
Erdös strutturò la sua vita semplicemente per trarne la massima quantità di felicità (Matematica)." (da L'uomo che amava solo i numeri - Paul Hoffman)
Il grande evento matematico del 1949 fu una prova elementare del Teorema dei Numeri Primi, a opera di Atle Selberg ed Erdös.
Il risultato, che preannunciava la distribuzione dei numeri primi con una certa accuratezza, era stato dimostrato per la prima volta nel 1896 con un metodo sofisticato e si pensava che non fosse possibile alcuna dimostrazione elementare.
Erdös aveva soltanto 20 anni quando scoprì questa dimostrazione così elegante per il famoso teorema della teoria dei numeri.
Il teorema dice che per ogni numero maggiore di 1, esiste sempre almeno 1 numero primo tra questo e il suo doppio.
Erdös perseguì il suo interesse per la teoria dei numeri per tutta la vita, ponendo e risolvendo problemi che erano spesso semplici da enunciare ma notoriamente difficili da risolvere, e che coinvolgevano le relazioni tra i numeri. Erdös credeva che se si enuncia un problema matematico rimasto irrisolto per più di cento anni, si tratta probabilmente di un problema di teoria dei numeri.
Erdös, come molti altri matematici, credeva che le verità matematiche sono scoperte, non invenzioni. Egli vagheggiava di un Grande Libro nel cielo, sorretto da Dio, che conteneva le dimostrazioni più eleganti di ogni problema matematico. Egli scherzava su quel che avrebbe potuto trovare se soltanto avesse potuto dare un'occhiata a quel libro.
Paul Erdös collaborava con così tanti matematici che il fenomeno del numero di Erdös si è evoluto. I numeri di Erdös sono stati oggetto di pubblicazioni scientifiche.
Per dare ancora un'idea del lavoro di Erdös, rimando a quest'altra interessante pagina.

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sabato 30 agosto 2008

sabato 26 luglio 2008

[Matematica nella storia] Euclide

Conosciamo in questo post un altro grande matematico, stavolta "dell'antichità".
La geometria che noi studiamo è la geometria euclidea, dal nome dello studioso greco considerato il più grande matematico della storia antica

Euclide

Euclide visse nel III secolo a.C. ad Alessandria d'Egitto, e in quella città fondò una scuola matematica nella quale si formarono alcuni tra i più grandi scienziati dell'antichità.
Euclide visse ai tempi di Tolomeo I, e viene descritto come "modesto, di carattere dolce, pieno di benevolenza verso chiunque fosse in grado di far progredire le matematiche".

L'opera: gli Elementi.
La disciplina di Euclide è evidente nella sua opera principale, gli Elementi, in cui riassume e sistema ordinatamente le conoscenze geometriche (non solo, si è occupato anche di teoria dei numeri) accumulate dagli scienziati greci fino a quel momento.
Quest'opera è, dopo la Bibbia, il libro di cui sono state fatte più traduzioni ed edizioni, e ha influenzato profondamente la nostra cultura matematica.
La caratteristica di quest'opera è il metodo di esposizione, che parte da alcune conoscenze semplici, che si ritengono vere e intuitivamente evidenti (chiamate postulati) per ricavare da queste una serie di altre conoscenze meno evidenti ma altrettanto vere (chiamate proposizioni).
Per darvi un'idea di questo importante metodo, esaminiamo la proposizione in cui Euclide mostra come costruire un quadrato a partire da un certo segmento.
Nella immagine a destra puoi vedere la proposizione come appare in una traduzione inglese pubblicata nel 1847, realizzata da Oliver Byrne, autore che probabilmente sarebbe rimasto sconosciuto ai più, se non avesse redatto questa versione degli Elementi, che cerca di presentare l'opera di Euclide attraverso disegni colorati e usando meno parole possibili.
Ecco, tradotta in parole (italiane) la colorata pagina di Oliver Byrne (leggendola, controlla le figure riportate):
Come costruire un quadrato sopra un segmento dato (in colore nero).
Disegna un segmento azzurro in modo che sia perpendicolare e uguale al segmento nero.
Disegna un segmento rosso parallelo al segmento nero, in modo che incontri un segmento giallo disegnato parallelamente al segmento azzurro.
Nel quadrilatero che così abbiamo ottenuto:

il lato azzurro è uguale al lato nero, per costruzione;
l'angolo giallo è retto, per costruzione; quindi (.•.)
l'angolo rosso è uguale all'angolo giallo, e quindi è retto;
e gli altri lati e angoli devono essere uguali e quindi il quadrilatero costruito è un quadrato.
Quod Erat Demonstrandum (come si voleva dimostrare).

Il mondo di Euclide.
Alla morte di Alessandro Magno (323 a.C.), il suo vasto impero si estendeva dal Mediterraneo alla valle dell'Indo; le lotte fra i successori del sovrano portarono alla formazione di tre regni, uno dei quali, il regno d'Egitto, era governato dalla dinastia dei Tolomei. Si conservò tuttavia quella fusione cosmopolita fra cultura orientale e occidentale che rese alcuni centri particolarmente fiorenti. Alessandria, la città nella quale visse e operò Euclide, con la sua grande Biblioteca (nella quale la scuola matematica da lui fondata svolgeva un ruolo rilevante), rappresentò a lungo un vero e proprio crogiolo e crocevia di popoli e costumi, e anche un importante centro di formazione e diramazione della cultura mediterranea.

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lunedì 21 luglio 2008

[Matematica nella storia] Niccolò Tartaglia

Ragazzi della ex seconda,
conosciamo in questo post un grande matematico del XVI secolo, famoso per aver dato importanti contributi allo sviluppo dell'algebra. E, in terza di algebra dobbiamo giusto occuparci!
Il personaggio è:

Niccolò Tartaglia
Del nostro personaggio non si conosce l'esatta data di nascita, avvenuta intorno all'anno 1500 a Brescia. Gli studiosi lo ricordano come uno dei più importanti matematici della sua epoca.
Niccolò era di famiglia molto povera. Come risulta dai suoi scritti, Tartaglia (ma questo, come spiega lui stesso, è solo un soprannome. Il suo vero nome è Niccolò Fontana) fu un autodidatta: imparò da solo il greco, il latino e la matematica. Si guadagnò da vivere come consulente dei mastri carpentieri dell'arsenale veneziano e vendendo le proprie scoperte balistiche (ossia relative al movimento e alla direzione dei proiettili) ad artiglieri, militari, soldati e naviganti che affollavano la repubblica veneta.
Il suo contributo allo sviluppo dell'algebra fu molto importante, ma leggendo i suoi scritti difficilmente potreste riconoscervi l'algebra che noi studiamo: il linguaggio dell'algebra moderna, fatto di simboli che consentono di esprimersi molto rapidamente e con grande precisione, non era infatti ancora stato inventato. Tartaglia, ad esempio, non faceva uso delle lettere come facciamo noi e non poteva scrivere, di conseguenza, le equazioni come noi impareremo a fare.
Nel libro IX dei Quesiti et inventioni diverse, egli fornisce il metodo per la risoluzione di equazioni di terzo grado, ma non usa i nostri simboli: l'incognita, da noi indicata con x, viene da lui chiamata "cosa", e quella che noi diamo come una breve formula risolutiva viene invece scritta da Tartaglia come una filastrocca, facile da ricordare grazie alle rime, ma non altrettanto
facile da interpretare!
Eccone una parte:
Quando che 'l cubo con le cose appresso,
Se agguaglia a qualche numero discreto,

Trovami dui altri, differenti in esso.

Dapoi terrai questo per consueto
Che 'l loro produtto sempre sia eguale
Al terzo cubo delle cose netto

El residuo poi suo generale,
Delli lor lati cubi, ben sottratti
Varrà la tua cosa principale.

Come Niccolò racconta se stesso
In uno scritto autobiografico, Niccolò ci racconta le difficoltà che accompagnarono la sua infanzia:
"Mio padre ebbe nome Michele, e poiché era basso di statura e povero di fortuna, fu chiamato Micheletto. Mio padre teneva un cavallo e con quello correva portando la posta al servizio di Cavallari da Brescia, cioè portando lettere della illustrissima Signoria da Brescia. Io non so, di altra sua casata né cognome, salvo che sempre lo sentii da piccolino chiamar semplicemente Micheletto Cavallaro. Può darsi che avesse avuto qualche altra casata o cognome, ma non che io sappia: la causa è che il detto mio padre mi morì quando avevo l'età di sei anni all'incirca; cosicché restammo io e un mio fratello e una mia sorella con nostra madre vedova e priva di beni della fortuna."
Niccolò racconta anche come fu ferito alla bocca da una sciabolata durante la battaglia che, nel 1512, portò alla caduta di Brescia nelle mani dei francesi e spiega così il motivo del suo soprannome:
"... per la qual ferita, non solamente io non poteva parlare ma non che poteva manzare, perche io non potevo movere la bocca, ne le masselle in conto alcuno. [...] Essendo io quasi guarrito di tale, e tai feite, stetti un tempo, che io non poteva ben proferire parole, ma sempre balbutava nel parlare, (...) per il che li putti della mia eta con chi conversava, me imposero per sopra nome Tartaglia. Et perche tal cognome me duro molto tempo, per bona memoria di tal mia disgrazia, me apparso de volermi chiamare Nicolo Tartaglia."
Il mondo di Niccolò Tartaglia
Il periodo in cui visse Tartaglia è ricordato dagli storici come l'età del Rinascimento. È l'epoca di Machiavelli, di Raffaello, di Leonardo da Vinci, di Michelangelo... Ma le guerre e le atrocità non risparmiarono nemmeno questo secolo così ricco di creatività e di arte. In quel periodo la città di Brescia veniva contesa tra Milano, Venezia e la Francia, e fu proprio durante un'insurrezione contro i francesi che Niccolò fu ferito e divenne... Tartaglia!

Nel 1500 erano in uso delle gare pubbliche fra matematici chiamate "cartelli di matematica disfida"
Ognuno dei contendenti proponeva all’avversario un numero stabilito di quesiti di vario tipo e di particolare difficoltà. Ogni "cartello" era depositato presso un notaio o una persona influente, stampato e distribuito in Italia a molti studiosi del periodo.
Lo sfidato doveva risolvere i problemi in un tempo preventivamente stabilito, proponendo a sua volta all’avversario nuovi quesiti. Alcuni giudici, scelti di comune accordo, dichiaravano vincitore chi riusciva a risolvere il maggior numero di problemi.
Niccolò Tartaglia fu protagonista, e vincitore, di una disfida fra le più famose.
Ve la racconta Dario Bressanini (dal suo sito è tratto anche il ritratto di Tartaglia) in questa gustosissima storia:
"Requiem per una formula, dramma in sei atti con sei personaggi"
Cari lettori, credetemi: è imperdibile!
Fra i personaggi, naturalmente Girolamo Cardano.

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