Ho promesso di dedicare un post a Pitagora (ne meriterebbe più d'uno, chissà...) ed eccomi!
Pitagora e la scuola pitagorica.
E’ difficile separare la storia dalla leggenda quando si parla di Pitagora: matematico, astronomo, fílosofo, santo, profeta, mago, Pitagora nacque a Samo, una delle isole del Dodecanneso, nel VI secolo a.C. Dopo lunghe peregrinazioni, si stabilì a Crotone, sulla costa sudorientale di quella parte di Italia a quei tempi chiamata Magna Grecia.
Qui egli fondò una società segreta, che aveva come base gli studi matematici e filosofici, ma presentava anche forti caratteri morali e religiosi. Il fatto che la figura di Pitagora sia sempre rimasta avvolta nel mistero è dovuto anche alla rigida segretezza della scuola da lui creata, all'interno della quale le conoscenze (come le proprietà) erano in comune, e le scoperte fatte erano patrimonio di tutti e non venivano attribuite ad alcuno in modo specifico.
Misticismo, tabù... e tanta matematica!
I membri della scuola pitagorica erano tenuti a una rigida disciplina, alla ricerca della purificazione dell'anima attraverso un rigoroso regime fisico e riti religiosi. Ai pitagorici veniva imposta una dieta vegetariana: pare infatti che essi credessero nella teoria della metempsicosi, ossia della trasmigrazione delle anime, e avessero quindi il timore che l'anima di un amico morto potesse aver dimora in un animale macellato. L’appartenenza alla scuola durava per tutta la vita ed era concessa ai soli uomini, ma le donne (cosa notevole per l'epoca) erano ammesse alle lezioni.
Gli allievi della scuola di Pitagora studiavano geometria, musica, astronomia e matematica; non utilizzavano libri e le conoscenze venivano trasmesse oralmente. Essi dovevano esercitare la memoria. Al mattino appena svegli, ripassavano: riportavano alla mente tutti gli avvenimenti vissuti il giorno prima. Cercavano di ricordare esattamente che cosa avevano detto, visto, fatto... Per i pitagorici, i numeri erano il fondamento di tutte le conoscenze ma, quando essi parlavano di numeri, intendevano solamente i numeri naturali. I numeri venivano rappresentati con sassolini disposti in modo che ad ogni numero corrispondesse una figura geometrica:
nella scuola pitagorica si parlava dunque di
numeri triangolari di numeri quadrati di numeri pentagonali I pitagorici svilupparono un vero e proprio culto del numero: immaginavano che i numeri dispari avessero attributi maschili e i numeri pari attributi femminili; il numero uno (generatore di tutti i numeri) era il numero della ragione; il numero due (primo numero femminile) era il numero dell’opinione; tre (primo vero numero maschile) era il numero dell'armonia; cinque era il numero del matrimonio, l'unione del primo vero numero maschile con il primo numero femminile.
Ciascun numero possedeva attributi particolari, ma il più sacro di tutti era il numero dieci,
la sacra decade,
somma dei primi quattro numerie rappresentante dell'intero universo. Una sicurezza entra in crisi per colpa della diagonale del quadrato.
Sembra che il motto della scuola pitagorica fosse: "Tutto è numero", ma l'ironia della sorte volle che questa idea entrasse in crisi in seguito a una scoperta degli stessi pitagorici,
quella relativa alla misura della diagonale di un quadrato di lato unitario: il fatto che questa misura non sia un numero razionale lasciò i pitagorici sconvolti.
Poiché il mondo doveva essere esprimibile per mezzo di numeri naturali questo fatto assunse per loro un significato enorme e drammatico! La scoperta venne gelosamente tenuta segreta, finché Ippaso di Metaponto la rivelò all'esterno della scuola. La gravità della cosa è testimoniata dal fatto che non solo Ippaso venne immediatamente espulso dalla scuola, ma gli venne anche preparato un sepolcro, a sottolineare il fatto che, per i discepoli di Pitagora, egli era come morto.
P.S. Su Pitagora c'è tanto altro di affascinante!
Per i più curiosi: guardate questa immagine e andate QUIBuona navigazione!
P.S._2:Tornerò prestissimo sui numeri triangolari, quadrati...cioè poligonali!
ciao!:-)
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Gentile Prof.ssa Arcadu,
RispondiEliminaeccomi ancora a fornirle dei contributi perché qui si tratta di Pitagora che merita approfondimenti per porre sul moggio la sua discepola e sposa Teano riconosciuta come emblema della sapienza.
Credo sia utile conoscere la sua descrizione storica, quella di una esemplare madre, sposa e amante della scienza dell'antichità.
Da la «Vita di Pitagora» di Enrico Narducci (datata: Addì 3 Giugno 1588 - Forni Editore - Bologna 1887) è detto che:
«Hebbe moglie Pitagora, e questa fu Cretese, figliuola d'un Pitonatte e chiamossi Teano; di professione Philosofa (sic).».
Ma sembra che altre donne siano comprese nel novero di mogli ed anche amiche, da considerare, però, che «molti (storici) hanno preso l'una per l'altra, o stimato che due fossero una sola.».
«Che fieramente Pitagora amasse Teano, leggesi ne' Dinnosofisti d'Ateo.».
E poi altre interessanti notizie come le seguenti:
«Di Teano, moglie di Pitagora, si raccontano alcuni detti arguti, fra’ quali u’è questo, che nota Plutarco, ne l’operetta de’ Precetti Connubiali.
Una uolta, hauendosi costei cauato un guanto, ouero tiratosi la manica uerso il cubito, scoperse o la mano o il braccio; onde fu un certo, che disse: o bella mano; ed essa: ma non per la plebe o per il uolgo.
Addimandata parimenti, quando la donna sia monda da l’huomo, rispose: sempre dal suo, da l’altrui non mai. Soleva dire a le mogli, che ne l’entrare a’ mariti deponessero la vergogna con la ueste, ma ne l’uscire, con la ueste la ripigliassero.
Addimandata che vergogna fosse quella di ch’ella intendeva: quella, disse, che ch’io mi chiami donna.»
N.d.r.: Questo “riprendere la veste” di Teano, da stimarsi per i pitagorici la sacerdossa quasi da venerare, io intravedo il modo suo specifico di donna, emblematizzata con la “vergogna” in discussione, in perfetta aderenza all'osservanza del “silenzio”.
Fondamentale per Pitagora era l'osservanza del «silentio, ch'egli chiamava “echemitia”, cioè ritenimento di parlare, leggesi questo anco ne l'istesso Florilegio, fatto da Pallada:
E' gran dottrina à gli gli huomini il silentio:
Fede ne fa pitagora sì saggio,
Che, dotto in dir, silentio insegnò altrui,
Gran rimedio il tacer trouato hauendo.
La cagione per la quale pitagora imponeva il silentio a' suoi discepoli era il non uolere che le cose insegnate da lui fossero aulite, col farle palesi a' la feccia del uolgo... Né solamente commandaua Pitagora il silentio a' suoi discepoli, ma egli ancora amaua la brevità sopra tutte l'altre cose; ...».
Cordiali saluti,
Gaetano Barbella
Il geometra pensiero in rete
che dire?
RispondiEliminaancora un sincero Grazie!
Penso di contattarla attraverso il suo sito.
g.a.
questo post è stato molto interessante, ci ha fatto crescere!!
RispondiEliminaIrene e Giammaria,
RispondiEliminabello! e io vorrò sapere in cosa vi ha fatto crescere!!!
ehehee, mi sono accorta che avete molto giocato !!! :-) :-)
... conviene prepararsi la relazione!
ciao
RispondiEliminaciao anonimo!
RispondiEliminama perché anonimo???
Salve...frequento il terzo anno di liceo scientifico. Per giovedi 18 la professoressa di filosofia ci ha chiesto di cercare su internet le figure geometriche che Pitagora asssociava alle divinità ma nn sono riuscito a trovare niente... aiutatemi per favore
RispondiEliminaCiao Lorenzo,
RispondiEliminaposso fornirti un paio di link. Il primo mi pare il più adatto per la tua ricerca, ma consiglio di vedere tutto...
http://www.geagea.com/Monografie/Fil-01/3.htm
http://www.liberalsocialisti.org/articol.php?id_articol=112
http://www2.polito.it/didattica/polymath/htmlS/argoment/Matematicae/Maggio_02/Cap1.html
dovresti trovare notizie per la tua relazione.
buon lavoro!
ottimo post! Dal quale, senza saperlo, ho saccheggiato il titolo...ma questo conferma quanto chiaro e fondamentale fosse la "vision" pitagorica.
RispondiEliminaMichelangelo
Il "saccheggio" involontario infatti non era difficile! :-)
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