sabato 29 settembre 2007

[Contributi] GLI OCCHI DI HORUS

Sono felice di pubblicare un altro contributo di Gaetano Barbella, nostro, a questo punto direi, affezionato lettore!

Gaetano, soffermandosi sui nostri articoli: Thot, il dio egizio... e Le frazioni egiziane, ha avuto l'idea di aggiungere qualcosa di inedito sull'argomento e gentilmente fornirci il suo interessante e appassionante approfondimento.
Riporto il suo intero articolo, per completezza comprensivo di immagini e informazioni (e riferimenti) già presenti nei nostri suddetti post.


GLI OCCHI DI HORUS

Horus è il nome greco del dio egizio HOR, una delle divinità più antiche dell’Egitto, la cui forma originale era quella di un falcone. Era un dio solare, considerato la manifestazione del re da vivo così come Osiride rappresentava il sovrano defunto. Antiche iscrizioni raffigurano Horus con le ali distese come a voler proteggere tutti i re della nazione.
Un’altra forma molto popolare era Horus figlio di Iside il quale, deciso a vendicare la morte di Osiride, riuscì a conquistare la vittoria finale nonostante la perdita di un occhio in combattimento.
Una leggenda egiziana diceva che "Seth, il dio del male, aveva strappato a Horus l'occhio sinistro e glielo aveva ridotto in pezzi, ma Thot riuscì a ricomporlo".
Thot, è il nome greco dato alla divinità egizia che insegnò agli uomini la scrittura, la magia e la scienza.
Il Thot egizio veniva rappresentato in sembianza di ibis, un gruppo di uccelli caratterizzati da un lungo collo curvo, da cui la denominazione di dio-ibis o anche "iB-is".
Gli antichi egizi usavano le parti del simbolo dell'Occhio di Horus per descrivere le frazioni.

Il disegno, posto sopra a destra, mostra quale frazione indica ogni parte dell'occhio di Horus (quello a sinistra) che compare in molte raffigurazioni ideografiche di reperti dell'antico Egitto.
E' possibile avere altre frazioni combinando queste parti, ad esempio 3/4 corrisponde alla parte dell'occhio che mostra metà più un quarto. Evidentemente le frazioni ottenibili così sono solo alcune (ad esempio non si può ottenere 1/3). Ma, come si vede nel paragrafo sulle frazioni, quelle indicate nell'occhio di Horus sono quelle utilizzate per le divisioni.
Un occhio intero rappresentava l'unità, ma.....Non avete notato nulla di strano?
Se provate a sommare tutti i pezzi, vedrete che si ottiene 63/64 e non 64/64! Manca all'appello 1/64!
Anche in questo caso, però, gli egiziani ci hanno dato una spiegazione: " l'1/64 mancante sarebbe comparso grazie a una magia di Thot."
Tutto ciò esprime (in maniera certo molto suggestiva) che in generale nell'eseguire una divisione non importava andare oltre la approssimazione del risultato esatto per 1/64. [par7]

Questa spiegazione sembra soddisfacente per chi si accontenta dell'approssimazione, ma incuriosisce non poco cosa ci potrebbe essere dietro la magia di Thot, forse uno stratagemma di copertura.
Per cominciare si potrebbe pensare in modo pratico che le concezioni artimetiche suddette, essendo relative ad un certo insieme di parti dell'occhio in osservazione, forse, coinvolgendo un altro insieme se ne trova la parte che manca, ovvero la frazione 1/64, in discussione. E qui lo studente curioso, e più di lui lo scienziato, che è sempre preso per trovare la spiegazione per ogni enigma scientifico, si chiedono come fare per scovare il supposto insieme che manca.
Lo scienziato è persuaso che nulla si crea e nulla si distrugge, secondo il principio della fisica, trattandosi in definitiva di un occhio, un organo fisico soggetto, appunto, alle leggi fisiche. Di qui è l'equazione della conservazione dell'energia che ha bisogno di sapere assolutamente sul misterioso 1/64 mancante di Horus. Né potrà risultare buona per un matematico che si rispetti la spiegazione lasciateci dagli antichi egizi, sopra citata, ossia : " l'1/64 mancante sarebbe comparso grazie a una magia di Thot."

Mette sulla strada della ricerca dell'insieme, o degli insiemi mancanti, la “teoria dei tipi” concepita da Russel e Whitehead, due personaggi che hanno dato contributi fondamentali alla formazione della logica moderna.
Essi ci hanno spiegato bene con la loro “teoria dei tipi” come si formano e quindi come si possono evitare degli “strani anelli” che, collegando e confondendo la concretezza, per esempio, dei suddetti ragionamenti di una pura aritmetica sulle frazioni con la pretesa magia di Thot, finiscono per partorire pericolosi paradossi.
Basta creare infatti una gerarchia organizzatrice delle strutture matematiche e non solo matematiche per cui una struttura (l’insieme di tutti gli insiemi) non può appartenere a sé stessa in quanto è di un tipo superiore a quello degli oggetti che la costituiscono.

Ma il fatto di aver eluso il paradosso è solo un piccolo passo avanti, poiché occorre risalire all'insieme degli insieme ove si pensa di trovare la parte mancante, la frazione 1/64. E qui si esaurisce, purtroppo, il ragionamento matematico della logica di Russel e W..
Ora immaginando che gli antichi egizi dovevavo saperla lunga sull'aritmetica dell'occhio di Horus in stretta relazione con la magia di Thot, per cominciare, non resta che esaminare il bazar dei geroglifici egizi che ne son tanti. Però la ricerca non è difficile essendo limitata all'occhio di Horus, onnipresente un po' ovunque tra i reperti archeologici dell'antico Egitto. Ci mette sulla giusta strada il fatto che l'insieme degli insiemi dell'occhio di Horus sinistro, debba per forza essere un geroglifico che comprende anche l'occhio destro.

E qui ora le cose si fanno semplici perché c'è l'imbarazzo della scelta. Ma l'attenzione non può che essere rivolta ad un reperto archeologico in particolar modo, però ve ne sono altri simili. Si tratta della stele marmorea di Nebipusesostri risalenti al regno di Amenemhet III, raffigurata di seguito. Su di essa si possono leggere le annotazioni sul culto di Osiride a Abido.


Come si vede nella figura, in alto sulla colonna di centro si nota con chiarezza il geroglifico che si sta cercando. E con gran soddisfazione, non senza meraviglia, si scopre qualcosa di nuovo posto fra i due occhi di Horus. Più da vicino riporto di seguito i dettagli che vi riguardano. Premetto che tutte queste cose sono state tratte dal libro edito da Giunti, «Come leggere i geroglifici» di Mark Collier e Bill Manley.



Non c'è bisogno di esaminare l'intimo significato recondito racchiuso in questi simboli che, peraltro, sembra trasparire stimando esatta l'interpretazione relativa data dagli autori del libro citato (quella accanto ai simboli sopra raffigurati). Perciò il ragionamento sarà limitato alla possibile spiegazione che può portare alla risoluzione dell'incognita numerica pari a 1/64.

Semplice, a questo punto, per immaginare che quei tre piccoli simboli posti in basso sotto i due occhi in causa, potendoli tradurre in frazioni, diano la risposta alla presunta magia di Thot.
Infatti se poniamo 1/128 (la metà di 1/64) al posto di ognuno dei due simboli esterni e 1/64 (che è la loro somma) a quello centrale, ci troviamo di fronte a una terna di valori che potremo stimare appartenente ad un terzo insieme, la cui somma è 2 volte 1/64. Giusto 1/64 per ogni occhio.

Ed ecco che l'equazione dei tre insiemi si azzera senza lasciare nulla in sospeso.

Ma c'è anche la metafora che vi riguarda, poiché ognuno di quei tre simboli, a detta degli autori del libro da cui li ho tratti, si riferiscono al cuore e trachea. Ovvero vedendoli, appunto secondo il “cuore”, e non secondo la mente, ci compare davanti agli occhi la suggestiva visione di tre lacrime (raccolte in tre piccole ampolle) che sgorgano dagli occhi del dio Horus: gioia e dolore congiunti, non senza il segno della croce della sofferenza, al limite del martirio. Ecco che si manifestano gli attributi del dio Horus, “Perfezione, Bellezza, Meraviglia, Splendore”.

Ma ai fini del sapere, dunque, questo cosa comporta, visto che esso, in termini di frazioni, è stato tratto dai suoi occhi?
Mi sovviene un fatto che riguarda il funzionario egizio Ptahlotep, che quattro millenni e mezzo or sono, chiedendo a Thot, patrono della sapienza, consigli utili da trasmettere al faraone, si sentì ispirare queste parole che pensò bene di preservare mettendole per iscritto (su papiro con inchiostro di bacche): «Ti dice la maestà di questo dio: insegnagli prima di tutto a parlare in modo da esser di modello ai migliori tra i sudditi: Entri in lui il rispetto di chi gli dispensa il conoscere. Nessuno è nato sapiente».

Grazie Gaetano!

Raccomando ancora l'affascinante sito di Gaetano. Da visitare e/o ri-visitare! :-)

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